L’unica maestra di Alicudi trasferita a Modena

di Corrado Sancilio, preside dell’Istituto “Agostino Bassi” di Lodi

C’è una storia che merita di essere raccontata per il semplice fatto che sembra essere uscita da una delle fiabe dei fratelli Grimm. Gli ingredienti ci sono tutti. C’è una piccola isola abitata da poco più di cinquanta persone, ci sono tre bambini che affrontano studi diversi (uno studia per la licenza media e gli altri due per la promozione a classi elementari), ci sono tre maestre, c’è una casetta adibita a scuola.

Stiamo parlando di Alicudi, un’isola dell’arcipelago delle Eolie dove esiste una scuola con soli tre alunni, con un rapporto uno a uno con tre maestre. È la più piccola d’Europa. Delle tre maestre una sola ha scelto di vivere sulla piccola isola, mentre le altre due, resistendo al disagio, viaggiano e affrontano tre ore di aliscafo. Le lezioni di Educazione Fisica non si fanno in palestra in quanto sostituita da una scalinata composta di 357 gradini che portano a quella che sarebbe un’aula scolastica situata in cima al cocuzzolo a picco sul mare. Le pulizie dell’aula sono affidate a una delle mamme aiutata dalla maestra rimasta sull’isola, come campanella hanno lo sciabordare delle onde che si infrangono sugli scogli, mentre per le lezioni di scienze naturali i tre alunni vanno tra la vegetazione o sulla spiaggia a raccogliere conchiglie.

È in questo universo che la nostra maestra rimasta sull’sola sente di avere un ruolo ritagliato su misura, di avere un suo destino, di vivere un compito diverso, lontano dal frastuono, per certi versi gravoso, ma che vive con dignità professionale non comune.

Un universo in cui non si parla di programma da seguire, di curriculum da impostare, di contenuti da garantire perché la storia scolastica qui la fanno i bambini con le loro abitudini, il loro habitat, a contatto con i loro pescatori che si trasformano in ottimi maestri pronti a condividere esperienze e conoscenze che talvolta nulla hanno in comune con quelle canoniche.

Un quadro idilliaco decisamente fuori dalla routine che siamo abituati a conoscere, ma che deve fare i conti non solo con i disagi non tutti disponibili ad affrontare, ma anche con la legge sulla Buona Scuola i cui effetti si sono fatti sentire anche da queste remote parti. Delle tre maestre solo una, sia pure originaria di Milano, è felice di vivere un’esperienza professionale così particolare con i suoi tre alunni, le altre due cambiano in continuazione e questo sta creando dei grossi problemi didattici ai tre piccoli allievi.

Ma non è finita.

L’unica che aveva deciso di fermarsi sul posto per gli effetti della legge sulla Buona Scuola è stata trasferita nella pianura modenese col risultato che ora i bambini di Alicudi devono vedersela con tre insegnanti che durano lo spazio di un mattino. «Mi sento più sola qui che piuttosto che sull’isola di Alicudi» continua a dire la maestra trasferita e questo nonostante che la realtà modenese è ben diversa da quella isolana. Del resto non tutti sono disponibili a fare tre ore di aliscafo, a salire 357 scalini, a pulire l’aula assieme alle mamme, a fare lezione tra i cespugli. Il risultato è che quei tre bambini sono in attesa delle prossime maestre.

Eppure dalle parti di Modena c’è una maestra innamorata di Alicudi che si trova malissimo nell’ambiente emiliano e non aspetta altro che ritornare all’isola incantata per riprendere le lezioni con i suoi tre alunni. Una maestra che ama vivere a contatto con i suoi alunni, che vuole dare significato al concetto di missione educativa, che fa del rapporto individuale il punto di forza per aiutare i piccoli allievi a superare i disagi culturali, sociali e ambientali che una sperduta isola impone.

Ma la normativa sull’assegnazione delle cattedre non lo consente, di qui la protesta dei tre genitori decisi a far valere il principio del Diritto allo Studio. In poche parole rivogliono ad Alicudi almeno quell’unica maestra che aveva accettato di vivere sull’isola accanto ai loro tre bambini. La scuola è l’unico punto di riferimento quotidiano per i pochi abitanti dell’isola, quegli stessi abitanti che non si sono fatti pregare quando a dorso di mulo hanno portato su in cima, dove si trova la scuola, la lavagna interattiva, consentendo anche le lezioni in streaming collegati col mondo. Che poi sono sempre gli stessi a tenere in ordine gli ambienti scolastici, ad aiutare i tre bambini a raggiungere la cima del cocuzzolo soprattutto durante le giornate di maltempo che da queste parti sono frequenti, a garantire con il loro aiuto le diverse attività pomeridiane che la scuola promuove e che sono aperte a tutti.

La scuola da queste parti è l’unico e il vero presidio statale riconosciuto e tutelato a difesa di un autentico senso di comunità. Ma tutto questo per tante maestre rinunciatarie evidentemente non basta. Ci sono grossi ostacoli che si frappongono tra il desiderio di insegnare a dei bambini e le situazioni da affrontare. Ostacoli che non sono solo di natura strutturale come il mare di mezzo, le ore di aliscafo, le mulattiere come strade, i 357 scalini per raggiungere l’aula, a condizionare le maestre dall’insegnare ad Alicudi.

C’è anche un disagio culturale, civico, esistenziale che si frappone tra la volontà di provare a vivere una missione pedagogica e il desiderio di risolvere un problema occupazionale. A fare paura è quell’aria di isolamento così presente ad Alicudi. Eppure, come diceva Geoges Bernanos, scrittore francese: «Le cose piccole hanno l’aria di nulla, ma danno la pace».

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