
La mattina del 9 luglio il presidente Volodymyr Zelensky è stato ricevuto da Leone XIV presso Villa Barberini a Castel Gandolfo, località sui Colli Albani in cui il Pontefice sta trascorrendo alcuni giorni di riposo estivo. Il leader ucraino si trovava in Italia per partecipare al quarto appuntamento della Conferenza internazionale sulla ricostruzione del suo Paese e ha voluto incontrare per primo proprio Leone XIV, col quale aveva già avuto un colloquio il 18 maggio scorso, subito dopo la Messa di inizio pontificato. Al centro del faccia a faccia alcuni importanti temi. In primis, si è ribadita l’importanza del dialogo come unico strumento efficace per risolvere il conflitto nell’ottica di «una pace giusta». Sul dossier ucraino, il Pontefice ha mostrato fin dall’inizio una certa discontinuità rispetto al suo predecessore, Papa Francesco, che aveva riflettuto in altri termini sul ruolo della Nato; e aveva altresì chiesto agli ucraini il coraggio della «bandiera bianca»: «Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà? Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore».
Leone XIV ha poi rinnovato il suo dolore per la sorte ancora incerta di numerosi prigionieri e ha ribadito la piena disponibilità da parte della Santa Sede ad accogliere i rappresentanti di Russia e Ucraina per discutere in merito alla risoluzione del conflitto. Un’eventualità, questa, ha fatto sapere il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che sarebbe «poco elegante», in quanto la Russia è fortemente connessa alla sua identità ortodossa.
In più Zelensky ha voluto ringraziare la diplomazia vaticana per aver ottenuto il rilascio di molti bambini ucraini presi in ostaggio dai russi fin dalle prime fasi della guerra. È il sostegno alla “diplomazia umanitaria” su cui ha scommesso la Santa Sede fin dall’inizio dell’invasione russa come spiraglio di distensione e canale d’incontro fra Mosca e Kiev. Ed è anche uno dei capisaldi della missione diplomatica che Papa Francesco aveva affidato al presidente della Cei, il Cardinale Matteo Zuppi, e che è stata riconfermata da Prevost.
Nel suo resoconto, il presidente ucraino ha citato anche Andrey Sheptytskyi, l’arcivescovo greco-ortodosso in corso di beatificazione, ricordando i suoi meriti per aver salvato molte famiglie ebraiche durante l’occupazione nazista della Galizia. A lui Israele ha già conferito la medaglia di Giusto tra le Nazioni. La vicenda di Sheptytskyi ha certamente un valore esemplare nella missione di salvataggio di migliaia di vittime innocenti del conflitto. In più la Chiesa greco-ortodossa fa da cerniera con la Santa Sede nelle relazioni diplomatiche col governo di Kiev e rimane perciò un interlocutore fondamentale.
Al termine del bilaterale, durato in tutto mezz’ora, le parole di Zelensky lasciano ben sperare: «La proposta di tenere incontri a livello di leader in Vaticano rimane pienamente attuabile». E all’uscita da Villa Barberini ha poi aggiunto: «Vogliamo che questa guerra finisca e contiamo molto sul Vaticano». Inoltre Zelensky ha rinnovato il suo invito al Pontefice a visitare l’Ucraina, ma per non prestare il fianco a eventuali polemiche da parte della Federazione russa, il viaggio verosimilmente si terrà soltanto a guerra conclusa. D’altro canto, Leone XIV non ha mai interrotto il dialogo con la Russia e, non a caso, egli è stato il primo Pontefice a sentirsi telefonicamente con Putin in oltre tre anni di guerra, all’inizio dello scorso giugno.
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