L’ingenuità dell’età e il pascolo degli orchi

di Silvia Rossetti

La verità è che il livello civile ed etico di questa società non tiene il passo del proprio sviluppo tecnologico, di cui finisce inevitabilmente per abusare (o essere abusata). Il risultato è una deriva in cui formalmente si condanna, ma operativamente si alimenta il pascolo degli spaventosi orchi moderni. Dove ci porterà tutto questo?

A Modena, l’estate scorsa, un gruppo di circa 60 ragazze minorenni inizia a scambiarsi su una chat whatsapp autoscatti hard e “privatissimi” per noia o per gioco. Maggiore è il numero degli iscritti a una chat, minore la possibilità che i contenuti che vi si scambiano possano restare protetti da privacy. Insomma l’epilogo non era tanto imprevedibile, visto anche il contenuto “bollente” delle immagini. Così i selfie hanno cominciato a girare anche al di fuori di quei labili confini virtuali. Qualcuno le ha scaricate su un account dropbox, altri se le sono viste recapitare direttamente sul cellulare.

Il fidanzato di uno delle sessanta donzelle, violate e traumatizzate dal proprio stesso gioco, si è rivolto a un’associazione che si occupa di antipedofilia e ha denunciato l’accaduto.

Ci sono tanti corti circuiti in questa storia ed è anche interessante che essa emerga in parallelo alla campagna di sensibilizzazione “anti-Orco” che si sta conducendo contro le molestie sessuali e la violenza di genere.

È sempre più complicato penetrare le ragioni del codice etico che sta alla base dei comportamenti sessuali della nostra attuale società, dove – da un lato e legittimamente – si proclama a chiare lettere l’inviolabilità della donna e il rispetto per essa, e in cui si assiste al linciaggio mediatico e repentino di chiunque sia anche solo sospettato di aver travalicato pesantemente il confine di civiltà che trasforma una avance in molestia e poi violenza. Dall’altro, ci si imbatte in episodi bizzarri come questo di Modena.

Ci si chiede per quale ragione delle ragazzine “acqua e sapone” (che potrebbero essere tranquillamente nostre figlie o nostre nipoti) decidano di “darsi in pasto” a tutta un’orda mediatica di orchi guardoni mostrando di sé la parte più intima, e dunque fragile.

A proposito, se qualcuno pensasse che quello della provincia emiliana possa essere un episodio isolato, è bene subito avvertire che si sbaglia. Secondo un’indagine del 2016 del Censis sulle scuole italiane, il 10% dei presidi ha dovuto affrontare casi di sexting (dove appunto gli adolescenti scambiamo foto o video sessualmente espliciti) e per il 18% dei dirigenti scolastici vede coinvolto tra il 5% e il 30% dei ragazzi. E il fenomeno si manifesta a un’età sempre più precoce.

Abbiamo abbattuto con le ruspe i confini della decenza, confondendo pericolosamente il riserbo con il bigottismo, non esitiamo però a indignarci e fare levata comune di scudi, storcendo la bocca per il disgusto, davanti all’ipotetico orco di turno. Secondo quale logica?

Siamo o no, perfettamente consapevoli che gli orchi pascolino allegramente nelle praterie della rete, che pullulano di immagini appetitose (autorizzate o rubate che siano). Siamo noi stessi a evocarli in una assai contorta dinamica, salvo poi esserne terrorizzati e nauseati. Il meccanismo è grottesco e come sempre riporta alla questione drammaticamente urgente che sta alla base: il vuoto educativo della nostra società.

I giovani, si sa, sono preda di impulsi ed esposti all’ingenuità tipica dell’età. Non esiste alcuna “avvertenza” all’uso improprio di se stessi che sopravviva integra al filtro della falsa emancipazione femminile e, in questo caso, sessuale.

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