Editoriali / Lodi
Sabato 03 Agosto 2024
L’EDITORIALE La Croce e la fraternità per i cattolici in politica
La riflessione del direttore de «il Cittadino» Lorenzo Rinaldi
Maria Eletta Martini nasce a Lucca il 24 luglio 1922 ed eredita dal padre Ferdinando - già iscritto al Partito Popolare di don Sturzo - la passione politica. Partecipa alla Resistenza con un ruolo di supporto logistico e nel 1946 inizia il suo servizio politico con la decisione di iscriversi alla Democrazia Cristiana. Il suo ruolo nel movimento femminile della DC la porta a una certa visibilità nel partito, fino alla candidatura alla Camera nelle elezioni del maggio 1958.Il suo nome è associato ad alcuni temi che nell’Italia del Dopoguerra diventano gradualmente predominanti, innanzitutto la famiglia e il diritto familiare.Si convince che concentrando le attenzioni su questo argomento ne sarebbe derivata un’autentica promozione della donna. Si batte per la conciliazione fra maternità e lavoro; si ostina nel voler riformare il Codice civile per rivendicare la pari dignità fra coniugi, esprime il proprio rifiuto verso il divorzio e l’aborto. Il 28 gennaio 1985 è relatrice della ratifica della Convenzione di New York sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna. Nel 2002 riceve dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il Cavalierato di Gran Croce. Muore il 29 dicembre 2011.
Maria Eletta Martini è una delle figure di cattolici impegnati in politica - da Giorgio La Pira a David Sassoli - che vengono presentate nel volume “Dare un’anima alla politica”, di recente pubblicazione per le edizioni San Paolo. L’autore, Bruno Bignami, è direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI.
La prefazione è firmata dal presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Matteo Zuppi, e offre indicazioni preziose a quanti, anche nel nostro territorio e non necessariamente cattolici, sono impegnati o intendono impegnarsi in politica, nella cura del bene pubblico.
La crisi della partecipazione e la sete di politica
Il cardinal Zuppi parte da una constatazione, «la crisi di democrazia che respiriamo a livello nazionale, europeo e mondiale» e aggiunge: «Chi osserva il tessuto vitale del nostro Paese si rende conto che accanto a una vera crisi di partecipazione democratica vi è anche una sete di politica, che mette in circuito sogni, visioni e progetti». Lo avvertiamo anche noi, nei nostri territori. I Comuni che a giugno 2024 sono andati al voto con un unico candidato sindaco o nei quali si è fatto davvero fatica a formare anche solo una lista civica, sono la prova plastica della crisi di partecipazione che stiamo attraversando. Così come la costante crescita dell’astensionismo è un campanello d’allarme preoccupante. Al tempo stesso, siamo consapevoli che se vogliamo provare a contrastare il robusto sentimento di antipolitica di cui ormai è intrisa la nostra società dobbiamo offrire ai cittadini-elettori modelli positivi: politici e amministratori pubblici lungimiranti, seri, preparati, che non si limitino a guardare ai risultati elettorali di breve periodo ma siano in grado di trasmettere una visione di società, di raccontare in quale direzione vogliono orientare il futuro.
Il rinnovato protagonismo dei cattolici in politica
«Lo sguardo della Chiesa è preoccupato», avverte Zuppi, che tuttavia rammenta come la preoccupazione «non vuole mai confluire nella rassegnazione». È il tempo dunque di un rinnovato protagonismo dei cattolici in politica, affinché la millenaria attenzione al prossimo insegnata dal Vangelo si traduca in impegno per la “casa comune”, anche nei nostri centri.
Ma come orientare questo impegno? Le parole dell’arcivescovo di Bologna appaiono illuminanti. Il cattolico in politica, affinché non diventi prigioniero della “tentazione del potere”, deve seguire due «luci di posizione: la fraternità e la croce».
La fraternità
«La fraternità è un orizzonte, un respiro, un modo di essere, una strategia e una meta - scrive Zuppi -. Mi piace pensare che un rinnovamento della politica debba passare attraverso esperienze di fraternità, dove si impari la stima reciproca e dove le differenze possono trovare una sintesi nell’ottica di uno sguardo più alto, con un’attenzione alle persone, ai loro doni, ai loro bisogni».
La croce
La seconda luce di posizione è la croce. Il presidente della Cei parla di «spiritualità della croce, non delle crociate. I simboli religiosi non devono essere esibiti, ma vissuti. Le testimonianze concrete (come quella breve riportata all’inizio dell’articolo, ndr) a volte sanno far luce più di mille trattati!».
Il richiamo all’impegno dei cattolici suona forte nelle pagine del libro di Bignami e merita di essere divulgato perché, rammenta il cardinal Zuppi, «è possibile per tutti occuparsi del bene comune, difenderlo, custodirlo, farlo crescere, sacrificarsi per esso perché solo così possiamo stare bene tutti».
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