La “scena muta” alla Maturità, un messaggio dai giovani

IL COMMENTO Scritto da Corrado Sancilio, storico preside lodigiano

Dopo lo studente del Liceo Scientifico “Fermi” di Padova un’altra studentessa del Liceo di Belluno si è astenuta dal sostenere l’esame orale, accontentandosi del minimo sindacale comunque già raggiunto con i crediti maturati con il suo curriculum. La motivazione è più o meno la stessa, si contestano, “i meccanismi di valutazione scolastici, l’eccessiva competitività, la mancanza di empatia del corpo docente”.

E ora che succede? Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Riavvolgiamo il nastro. A giugno del 2018 si insedia in Viale Trastevere il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e uno dei suoi primi atti nell’autunno di quell’anno (siamo nell’anno scolastico 2018/19) fu quello di modificare, ad anno scolastico iniziato, la tabella dei crediti dell’esame di Stato.

Un po’ di mugugno tra i docenti, ma in fondo si moltiplicarono le riunioni per prepararsi alla nuova tabella. Terminati gli esami di Stato, venerdì 12 luglio 2019 viene pubblicato sul «Cittadino» un mio articolo dal titolo: “Ma perché il nuovo esame di Stato è già tutto da rivedere?”.

Tra l’altro sollevavo un problema non da poco che riguardava proprio la nuova tabella dei criteri di valutazione. “Si scopre subito - sottolineavo tra l’altro - che la nuova tabella consente agli studenti di agguantare un maggior punteggio rispetto al passato e questo permette loro di arrivare alla fase finale degli esami con un più consistente peso, ma nell’accezione di quello che Policleto di Argo chiamava “pondus” ovvero “ponderazione”. E in effetti il tributo che ogni ragazzo porta con sé agli esami è notevolmente “ponderato” a suo favore nella fase del giudizio e della valutazione da parte dei commissari. In parole povere ogni maturando una volta ammesso, arriva agli esami con in tasca una situazione a lui decisamente favorevole. A questo punto è sufficiente una prova anche relativamente modesta agli scritti, ma funzionale a spingere verso l’alto il punteggio parziale ancorché ancora privo del punteggio del colloquio tale da metterlo nella condizione di vantare una prova comunque già superata con il minimo sindacale. In tal caso qualche studente, uscendo di senno, avrebbe potuto presentarsi agli orali, espletare le formalità iniziali, scegliere la busta e, scusandosi per la fretta collegata alla partenza per le vacanze, salutare i commissari e diplomarsi con un 60/100 senza colpo ferire. È un modo come un altro per portare a casa il bottino già accumulato con i crediti e i voti delle due prove scritte. Non è una situazione surreale, ma una constatazione reale, fittiziamente normale e potenzialmente adducibile, originata proprio dalla nuova impostazione dell’esame di Stato di quest’anno”.

Mai profezia fu azzeccata! Quindi personalmente già nel 2019 paventavo un rischio che non si è mai verificato fino ad oggi con i due studenti di Padova e di Belluno. E ora aspettiamoci un effetto emulazione. Perché al di là di tutto il coraggio di questi ragazzi non è da sottovalutare. Se quest’anno sono ad oggi due casi, cosa potrà succedere il prossimo anno? E se due sparuti casi si trasformassero in una vera rivolta studentesca con un “silenzio meditativo” durante l’esame non perché contenti del minimo sindacale raggiunto a garanzia del positivo esito finale, ma semplicemente perché questi ragazzi mettono sul piatto delle motivazioni serie: il meccanismo di valutazione e il rapporto con i professori sempre più conflittuale fino a ridursi in uno scontro verbale se non anche affrontarsi nelle aule giudiziarie.

“È record di ricorsi” contro i consigli di classe era il titolo di un articolo di giornale di qualche giorno fa. Quindi cosa possiamo dire. È il fallimento della scuola o è la presa di coscienza di un problema che investe ab imis la struttura scolastica che non regge più il sistema? La velocità dei cambiamenti tocca marginalmente, ma in maniera decisamente forte anche il sistema scuola che comincia a traballare sotto i colpi della classe studentesca oggi ben diversa da quella sessantottina.

Questi giovani vanno ascoltati nelle loro osservazioni che vanno oltre le semplici lamentele. Non puntano più ai voti alti. Cercano più empatia, più relazione, più raziocinio, più umanità. Si accontentano anche del minimo sindacale garantito con i crediti accumulati tra il cursus studiorum del triennio e gli scritti, perché sanno che fuori dalla scuola c’è un mondo a cui la scuola stessa non li ha preparati ad affrontarlo e allora quel coraggio messo in atto davanti a una commissione d’esame, li sostiene nel coraggio nell’affrontare la dura realtà che un cammino difficile mostra e su cui lamentano una mancanza di aiuto. “I docenti non hanno capito le mie difficoltà umane” è stata la motivazione della protesta della ragazza di Belluno. Ed ecco il nervo scoperto della scuola. Prepara ai centesimi, ma viene accusata di non preparare alle difficoltà della vita; testa continuamente le valutazioni, ma perde di vista quello per cui è chiamata a rispondere: preparare alla vita.

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