
Editoriali / Lodi
Mercoledì 23 Luglio 2025
La crisi che investe il “modello Milano”
IL COMMENTO A cura di Stefano De Martis
Lodi
I casi giudiziari che investono la sfera politica non sono certo una rarità. Sono la dimostrazione che non ci sono ambiti sottratti per principio al controllo della magistratura e che, purtroppo, i comportamenti illeciti da parte di chi gestisce la cosa pubblica ai vari livelli sono sempre all’ordine del giorno.
Un fenomeno le cui dimensioni sono difficili da valutare per il carattere intrinsecamente sommerso degli stessi illeciti e per la difficoltà di seguire fino in fondo il percorso delle indagini e l’esito degli eventuali sbocchi processuali.
Sappiamo bene che una condanna e in molti casi anche la semplice iscrizione nel registro degli indagati fa notizia molto più di un’assoluzione. E questo deve indurre a una particolare prudenza nell’esprimere valutazioni e giudizi.
Nell’ultimo anno si sono verificati episodi che hanno coinvolto ministri e presidenti di Regione eppure nulla ha avuto l’impatto dell’indagine sull’urbanistica a Milano di cui sono piene le cronache in questi giorni.
I motivi sono molteplici. Certamente incide la rilevanza globale che la metropoli lombarda ha assunto almeno dall’Expo in avanti. Ma pesa soprattutto la circostanza che in gioco non ci siano soltanto i comportamenti dei singoli – la responsabilità penale, va sempre ricordato, è personale – ma anche un modello di gestione e di amministrazione. Un modello complessivamente considerato di successo dentro e fuori i confini nazionali.
A voler fare i dietrologi si potrebbe mettere in connessione la maxi-inchiesta sull’urbanistica milanese con due fattori potenzialmente scatenanti: l’avvicinarsi di una tornata di voto regionale di eccezionale importanza strategica, tanto da essere paragonata con le elezioni di metà mandato degli Stati Uniti, e l’intreccio con una serie di iniziative legislative destinate a mutare il rapporto tra giustizia e politica, a cominciare alla riforma costituzionale sulle carriere dei magistrati.
L’effettiva utilità delle dietrologie come strumento di interpretazione della realtà è estremamente opinabile, anche se non si può mai escludere del tutto che qualche frammento contenga elementi di verità. Il rischio però è di perdere di vista l’insieme.
La sfida che la vicenda milanese pone alla politica è infatti esemplare anche per altre situazioni e contesti. La si potrebbe sintetizzare così: è possibile creare sviluppo rispettando le regole che ci si è dati come comunità civile e promuovendo allo stesso tempo equità e solidarietà?
L’impresa ardua è nel tenere insieme tutte le dimensioni. Non basta il rispetto formale delle regole se la società resta ferma e non cresce. È un meccanismo che finisce con il rendere odiose quelle stesse regole che si vorrebbero difendere. Ma la crescita non può avvenire a scapito di un assetto giuridicamente ordinato e non può portare vantaggi solo ad alcuni, incrementando le disuguaglianze.
Un contributo, per quanto limitato e parziale, può forse arrivare dall’esperienza del superbonus, che nel bene e nel male presenta dei parallelismi non fosse altro perché sempre di immobili (croce e delizia degli italiani) si parla. Di sicuro non farebbe il bene non solo di Milano ma dell’intero Paese se tutta la vicenda si risolvesse in uno scontro politico-elettorale o nell’ennesimo capitolo della disfida tra politica e magistratura.
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