
Editoriali / Lodi
Mercoledì 04 Giugno 2025
«Il quinto quesito è chiaro: i cittadini possono scegliere»
La riduzione dell’attesa per la cittadinanza è forse il tema più immediato del voto popolare dell’8 e 9 giugno
Quorum e quesiti. Il voto referendario dell’8 e 9 giugno si gioca tra queste due Q che interpellano gli elettori sotto diversi punti di vista. Il quorum è quello fissato dall’articolo 75 della Costituzione che lega la validità della consultazione alla partecipazione della “maggioranza degli aventi diritto”. E “se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”. Lo ha affermato con chiarezza un personaggio storicamente non sospettabile di simpatie per l’anti-politica, l’ex-presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel 2016, un anno dopo aver lasciato il Quirinale. Ma l’ex-capo dello Stato si riferiva esplicitamente a un’astensione motivata, non a un atto di rinuncia o di menefreghismo.
Le tre opzioni previste dal referendum abrogativo – sì, no, non voto – non esimono dall’esercizio del discernimento, lo rendono anzi ancora più esigente, tanto più che in caso di consultazioni plurime come quella attuale le norme vigenti consentono di non ritirare obbligatoriamente tutte le schede e di praticare quindi un astensionismo selettivo.
Quando nel 2005 si tenne il referendum sulla legge 40 (procreazione medicalmente assistita, ndr.), i votanti arrivarono appena al 25,63%. Difficile non pensare che quella consultazione su una delicata questione antropologica fosse stata ritenuta inadeguata in radice da una gran parte degli italiani, anche perché all’epoca l’affluenza alle urne per le elezioni politiche era ancora superiore all’80%. La bassissima partecipazione al referendum sulla procreazione assistita non ebbe ripercussioni sulla tornata successiva per il Parlamento, quella dell’aprile 2006, che registrò un’affluenza dell’84,24, addirittura più elevata di quella delle politiche di cinque anni prima.
Da allora però la situazione è profondamente cambiata. La partecipazione elettorale è andata progressivamente calando e nelle elezioni del 2022 l’affluenza si è fermata al 63,91%. Con una base del genere diventa enormemente difficile raggiungere il quorum stabilito dai costituenti e fare propaganda per l’astensione tout court – pur restando legittimo – rischia di alimentare una pericolosa tendenza al disimpegno. Anche questo dev’essere valutato in un attento discernimento che trova comunque la sua applicazione più mirata nella valutazione dei quesiti.
Sono cinque e, pur nella loro differente articolazione, riguardano materie significative: dai contratti di lavoro alla sicurezza negli appalti – i primi quattro – al riconoscimento della cittadinanza.
Su quest’ultimo si è determinata una convergenza di cittadini e di molte realtà della società civile con una mobilitazione per la raccolta delle firme anche attraverso il web. Il quesito ha dalla sua parte una particolare chiarezza nel contenuto e nelle conseguenze: in caso di raggiungimento del quorum e di vittoria dei sì, verranno ridotti da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. Tutti gli altri requisiti richiesti rimangono inalterati. C’è materia per una scelta lucida e comunque consapevole. Con la considerazione finale che i sostenitori del sì e i contrari alla modifica hanno ragioni valide.
*giornalista
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