Il Pd del Sudmilano deve cambiare strategia se vuole recuperare il divario dal centrodestra

Il commento di Marco Ostoni

Sul piano politico la settimana sudmilanese ha visto svolgersi un momento importante per il Partito democratico di zona, prima forza di centrosinistra a livello territoriale anche se ormai nei grossi comuni - Paullo a parte - è rimasta fuori dalle “stanza dei bottoni” per le batoste riportate agli ultimi appuntamenti elettorali a Melegnano e San Donato, vuoi per le spaccature interne, vuoi per le difficoltà a gestire la continuità amministrativa. I vari circoli comunali dei Dem hanno scelto i propri segretari/segretarie, facendo prevalere, salvo rari casi, la linea della continuità. Anche in questo Paullo, la cui amministrazione (a guida Pd) in settimana ha portato a casa pure il prestigioso premio europeo per la sostenibilità e l’innovazione, ha marcato la differenza, eleggendo alla leadership del partito Silvia Pandolfi, subentrata a Giuliano Spinelli.

La referente dei Democratici dell’area sud-est di Milano, Lidia Rozzoni (subentrata lo scorso luglio al sandonatese Gianfranco Ginelli), ha salutato positivamente l’esito della tornata di rinnovi, rimarcando la matrice sempre più “rosa” del Partito (ma nel Sudmilano in senso stretto prevale ancora la componente maschile…) quale viatico di una politica rinnovata e aperta alle sfide di domani e lanciando lo sprone verso gli appuntamenti elettorali del 2024 e del 2025.

E proprio in vista di tali appuntamenti i Dem hanno davanti un lavoro non da poco per recuperare il terreno perduto e competere ad armi pari con le forze di centrodestra, che viaggiano invece con il vento in poppa ormai da diversi anni nel Sudmilano, sia pure mutando plasticamente i propri equilibri interni. Il centrosinistra deve anzitutto compattarsi, sanando vecchie e più recenti fratture (spesso anche di matrice personalistica), ma guardando anche a quelle fasce della popolazione che non si riconoscono più in questo o quel partito ma ambiscono ad avere una migliore qualità della vita laddove vivono, a prescindere dal colore di chi li rappresenta.

Ritrovare un terreno comune su cui agire, mettendo in agenda pochi ma chiari e concreti punti fermi (la difesa del suolo e dell’ambiente, un’azione forte contro il costo della vita e della casa, la lotta al disagio sociale, un quadro di infrastrutture e di servizi efficienti, la prevenzione e il controllo del territorio senza la sua militarizzazione, proposte culturali e di aggregazione qualificate …) e operando in modo pragmatico sulla risoluzione dei problemi che affliggono i cittadini è il punto di partenza ineludibile. A ciò andrà affiancato un tempestivo lavoro di scouting per individuare le figure più adatte a incarnare tale approccio e a trovare il favore dell’elettorato, anche al di là degli steccati del passato. In tal senso insegna l’esperienza sandonatese, dove un (cog)nome di peso e un quadro di forze civiche trasversali ha permesso a un nome nuovo come Francesco Squeri di sbaragliare gli avversari, tanto a destra quanto a sinistra.

La sfida è grande, ma l’epoca dello scontro ideologico è superata almeno a livello comunale: il confronto sui temi e lo sforzo comune a trovare soluzioni sono vincenti rispetto all’arroccamento sul passato o al voler fissare “bandierine” a tutti i costi. Il centrodestra l’ha capito bene e ne ha raccolto i risultati. Ma soprattutto, con il calo di partecipazione politica ed elettorale, è la società tutta a non poterselo più permettere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA