Il futuro della scuola e l’apologia della sufficienza

Elogio del merito, della calligrafia, intelligenza artificiale...e gli annunci di lavoro sembrano rivolti a Superman

Mentre si stanno concludendo gli esami di maturità in tutto il Paese, il dibattito acceso sul social che investe le mille sfaccettature del “pianeta scuola”, non accenna a scemare.Si va dal vietare l’uso del cellulare in classe anche nelle superiori, misura già in vigore per le primarie e le medie inferiori, perché, come affermato dal ministro Valditara, «il cellulare è una droga, non c’è maturazione se c’è dipendenza», fino all’introduzione obbligatoria di lettura su carta ad alta voce e calligrafia in corsivo nelle scuole primarie. Non manca chi s’interroga sull’utilità di insegnare latino e greco e chi, invece, auspica che la riforma della scuola parta dall’economia e dal mercato del lavoro. Le scuole sono tirate in ballo anche per “educare al rispetto” e contrastare la cultura maschilista, argomento destinato a diventare materia di studio al pari della matematica. Pure l’educazione sessuale potrebbe essere inserita nelle scuole, seppur con consenso scritto dei genitori, mentre si chiede anche di introdurre uno psicologo in ogni scuola come figura fissa di riferimento.

C’è poi l’ampio dibattito che investe il possibile uso dell’Intelligenza Artificiale sui banchi delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Qui, perfino noi nativi con “pennino, inchiostro e calamaio” riusciamo a comprendere che siamo di fronte a un tornante della storia, ancor più performante dell’invenzione della stampa e dell’introduzione di Internet. Qualcosa che va oltre anche la fervida immaginazione di Asimov che nei suoi romanzi ha esplorato temi legati alla convivenza tra esseri umani e robot intelligenti, anticipando questioni etiche e sociali oggi al centro del dibattito sull’uso intelligente e consapevole dell’AI anche nelle nostre scuole.

Insomma, siamo alla presenza di una babele di notizie e informazioni da far girare la testa. Una delle ultime merita una piccola riflessione supplementare. Segnala in arrivo la prima legge che riconoscerà gli alunni plus dotati, garantendo a questa categoria di “geni” un referente scolastico ad hoc, docenti formati e piani didattici personalizzati. Se fosse vera, e non abbiamo motivo di dubitare visto l’obiettivo dichiarato del “merito” come stella polare conclamata a più riprese dal ministro Valditara anche nel suo libro presentato un po’ in tutta Italia («La scuola dei talenti»), varrebbe la pena soffermarsi brevemente su questo punto.

Siamo già ora in presenza di una generazione di laureati “110 e lode” senza alcuna formazione pratica, penalizzati da un sistema economico incapace di valorizzarli e che, paradossalmente, li spinge a trovare sbocchi lavorativi al di fuori del nostro Paese. Sono tempi difficili per i nati in un mondo digitale, che li vede sempre più impegnati in una spietata competizione, spesso alimentata dalle famiglie, che non sa garantire neanche ai più bravi un futuro certo e sereno. Se le cose stanno così, che senso ha scomodare una legge ad hoc per salvaguardare una piccola minoranza di “geni” quando la grande maggioranza di ragazzi “normali” annaspa come “un vascello che naviga a vista” fra ostacoli di varia natura, mancanza di strutture e insegnanti demotivati, come descritto da Davide Montino nel volume «Con il grembiule siamo tutti più buoni»? Non sarebbe più onesto, allora, dedicarsi alla maggioranza silenziosa che a volte fa fatica ad arrivare alla sufficienza per cercare di raddrizzare questo benedetto vascello e fornirgli gli strumenti per una navigazione più sicura che non lasci indietro nessuno?

Sarà perché noi Boomers, figli del boom demografico del dopoguerra, problemi di questa natura non ci hanno mai sfiorato, ma questi affanni dei nostri nipoti un po’ ci turbano. Ai nostri tempi l’obiettivo della competizione a scuola era raggiungere il “sei” e ciò era sufficiente per vivere felici e contenti. Ora, ai nativi digitali, hanno tolto anche il “piacere” della sufficienza appena-appena.

Certo, anche allora c’era qualcuno che barava e che voleva emergere a tutti i costi, ma erano casi isolati, guardati più con commiserazione mista a compatimento piuttosto che con invidia. Che bei tempi! Ora tutto è cambiato e comprendiamo che sia sempre più dura adagiarsi nel dolce tran tran e vivere di qualche espediente per superare gli esami per il classico “pelo nell’uovo”. Non tanto perché la scuola sia oggi più severa (anzi, forse è vero il contrario), ma perché il mondo del lavoro è oggi molto più esigente (senza dar poco in cambio) e rischia di vanificare la “faticaccia” di molti per arrivare all’ “appena sufficiente”.

Non sarà sfuggito, infatti, che anche da noi provinciali compaiono con sempre maggiore frequenza annunci di ricerca personale che assomigliano a “provocazioni”. Non si rivolgono a diplomati e laureati di buona volontà, ma interpellano unicamente chi ha ottenuto una votazione altissima, quasi impossibile. È proprio la fine di un’epoca. Poveri “cacciatori di sufficienza”, cosa sarà di voi? Se vi può almeno consolare, sappiate che, spesso, nella vita vera a emergere non sono sempre i migliori, ma anche chi è semplicemente dotato d’intuizione e buone attitudini per le attività manuali.

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