Il dramma degli apolidi e la violenza ad Haiti

Il commento di Daniele Bellocchio

Quanto sta avvenendo in queste ore ad Haiti è noto a tutti: la nazione caraibica de facto non è più uno stato ma una terra di nessuno in balia della violenza delle bande armate e divenuta un deposito globale di droga e armi. Missionari rapiti, innocenti che muoiono durante gli scontri a fuoco, carceri assaltate, evasioni di massa, sparatorie nelle strade, il premier in fuga, i cittadini americani rimpatriati, assenza di farmaci e beni di prima necessità e alcuna prospettiva, tantomeno ipotetica, di recupero del controllo del Paese da parte di sedicenti autorità statali.

Haiti occupa la parte occidentale dell’isola di Hispaniola, l’altra metà, al di là del confine è la Repubblica Dominicana: spiagge paradisiache, turismo, foto patinate e un sistema statale che sta procedendo a rimpatri forzati di migliaia di cittadini haitiani senza documenti che, negli anni, in fuga dall’inferno di Port au Prince, hanno cercato riparo a Santo Domingo.

Ma oltre al rimpatrio di uomini e donne, alla costruzione di un muro che separa fisicamente i due stati, il governo di Luis Abinader è noto anche per il suo sistema giudiziario che ha condannato al limbo dell’apolidia centinaia di migliaia di immigrati haitiani. Più di 135 mila uomini senza patria, senza documenti, senza diritti e senza possibilità di averne popolano la Repubblica Dominicana, consegnando al Paese caraibico il primato di essere lo stato con il più alto numero di apolidi al mondo. Una sentenza costituzionale dominicana del 2013, applicata retroattivamente a partire dal 1929, ha destituito della nazionalità, sulla base di presunte irregolarità dello status migratorio familiare, i cittadini dominicani di origine haitiana.

Nel 2014, a seguito delle forti pressioni internazionali, il governo dominicano ha avviato un formale processo di naturalizzazione, ma dati alla mano la procedura si è rivelata un completo fallimento. Da un lato dell’isola l’inferno delle bande armate, della miseria e delle epidemie, dall’altro quello delle espulsioni, dell’illegalità istituzionalizzata e dello sfruttamento dei senza patria nelle piantagioni di zucchero. Il comune denominatore essere nati ad Haiti: quella che fu la prima repubblica nera e indipendente della storia moderna.

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