Il caso della carne sintetica e la libertà dei consumatori

Il commento di Antonio Boselli

Caro direttore, voglio condividere con te e con i lettori del «Cittadino» alcune considerazioni sulla cosiddetta carne sintetica, argomento molto caldo in questi giorni visto che si è concluso l’iter parlamentare della legge contro questa carne. Le faccio come semplice allevatore di vacche da latte e non come ex presidente di Confagricoltura Mi-Lo-Mb, perché si tratta di un argomento molto personale, ma anche divisivo, come spesso accade per tante questioni , e che vede arroccate le persone e le associazioni su posizioni opposte, con convinzioni basate sovente su impressioni di pancia, poco ragionate, e che cercano di utilizzare dei dati scientifici tirandoli verso le proprie ragioni.

Innanzitutto mi sembra d’obbligo fare alcune precisazioni per capire meglio di cosa di stia parlando. La dizione più corretta non è carne sintetica ma cellulare perché viene ottenuta da cellule e tessuti animali che vengono moltiplicati in un bioreattore, comunemente usato ad esempio per produrre birra o yogurt.

Le colture cellulari sono ampiamente utilizzate nella produzione di farmaci biologici, terapie cellulari e vaccini, non si tratta quindi di tecniche strane o pericolose.

Entrando nel merito della legge trovo incongruente vietare la produzione e la commercializzazione di un alimento che non è stato ancora autorizzato dalla comunità europea e ancora più grave, antiscientifico e oscurantista ostacolare di fatto la ricerca (per altro non vietata dalla legge). Paradossale risulta il fatto che qualora questa carne fosse approvata dall’EFSA (Agenzia europea sicurezza alimentare ), la commercializzazione di questa carne non potrebbe essere vietata in Italia per la libera circolazione delle merci all’interno della comunità. Forse sarebbe comunque auspicabile che oltre all’EFSA , venisse interpellata anche l’agenzia del farmaco, visto il processo produttivo molto simile.

Non immaginiamoci il risultato della produzione di questa carne come una bella coscia di bovino piemontese, perché la consistenza e il gusto sono molto diversi da quelli che noi possiamo assaporare gustando una bella fiorentina . Si tratta di un procedimento comunque abbastanza sicuro , anche se il valore nutrizionale di questa carne è inferiore a quello ottenuto da un bovino allevato (cit.) , e non si conoscono gli effetti a lungo termine sulla salute umana (cit.) . Occorre poi fare una valutazione dell’impatto ambientale che ha questo tipo di produzione. Perché se è vero che si riducono le emissioni di metano e di ammoniaca di un allevamento bovino, altrettanto vero è che per produrre le matrici e i substrati per alimentare queste cellule non vengono utilizzate stampanti 3D che le sintetizzano dall’aria, ma occorrono lavorazioni agricole, industriali e chimiche per renderle idonee all’allevamento di queste carni, rispetto ai foraggi che conferiscono gusto e aroma alle carni naturali. Se è molto probabile un uso limitato degli antibiotici, non altrettanto lo è quello degli ormoni della crescita , utilizzati in maniera pesante nella produzione di questa carne cellulare, ricordo che nell’allevamento bovino odierno è vietato l’uso di questi ormoni. E poi quanti e quali prodotti di sintesi potrebbero venire utilizzati per dare consistenza e gusto a questa nuova carne?

Nonostante tutti questi dubbi e perplessità ritengo che sia fondamentale fare lavorare la ricerca, l’umanità migliora e si evolve grazie alle continue innovazioni portate dal mondo scientifico, dobbiamo fare solo attenzione che i processi produttivi e i risultati siano ben conosciuti e trasparenti in termini di sostenibilità e sicurezza alimentare, un po’ di sano principio di precauzione va sempre tenuto in conto.

A questo punto permettetemi una ultima considerazione, in generale, sul concetto di sostenibilità alimentare che vale per la carne cellulare, per il latte e gli hamburger a base vegetale, per ricordare che la carne, il latte, i formaggi, hanno un insieme di fattori nutrizionali che sono spesso carenti o non presenti nei prodotti a base vegetale e che quindi occorre fare una attenta valutazione delle proprietà nutrizionali degli alimenti. Resto sempre e comunque a favore della libertà del consumatore nel fare le proprie scelte che devono essere informate e consapevoli.

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