I furti nelle scuole del Sudmilano stanno diventando cronici: la repressione però da sola non basta

Il commento di Marco Ostoni

Anno nuovo, problemi vecchi. Il 2023 del Sudmilano si è aperto con nuovi episodi di microcriminalità e in particolare con gli ennesimi “blitz” nelle scuole da parte di vandali/ladri che sembrano aver ormai preso di mira le strutture scolastiche di vario ordine e grado per recuperare senza troppi rischi qualche spicciolo dalle macchinette o, meglio, refurtiva di tipo tecnologico da rivendere sul mercato nero o nei circuiti illegali del web.

La questione sta diventando cronica e richiede un surplus di attenzione da parte degli enti locali e delle forze dell’ordine per cercare di studiare misure di prevenzione oltre che di repressione del fenomeno. Le azioni criminali negli spazi deputati all’educazione e all’istruzione, infatti, sono particolarmente odiose sul piano culturale e simbolico prima ancora che su quello del danno economico alla collettività; aprono ferite profonde nel tessuto sociale e incrinano la fiducia dei più giovani rispetto alla capacità del sistema di tutelare e garantire i luoghi deputati alla loro formazione.

Che fare, dunque, per cercare di arginare tale piaga?

La risposta passa come sempre in primo luogo per le disponibilità economiche dei soggetti coinvolti, richiedendo anzitutto la messa a punto di sistemi di vigilanza efficaci e in grado di operare a livello di dissuasione oltre che di individuazione dei responsabili: telecamere ben visibili negli accessi dei vari edifici e collegate in rete ma anche, laddove possibile, attivazione di servizi di vigilanza privata (magari con quote di presenza volontaria da parte dei cittadini) che affianchino il lavoro di polizie locali e carabinieri, i cui organici non consentono sforzi ulteriori agli attuali. Per entrambe le misure occorrono investimenti, ma il territorio sudmilanese è in grado di sostenerli, soprattutto se l’azione viene condivisa e coordinata e non lasciata alle iniziative-spot dei singoli comuni. Serve cioè, anche qui, un lavoro di tipo cooperativo che vada oltre il “particulare” e che chiami in causa con forza anche e istituzioni superiori (la Città metropolitana e la Regione in primis), facendo leva sul fatto che i plessi maggiormente presi di mira sono quelli di ordine superiore – l’Omnicomprensivo di San Donato e le sue sedi distaccate anzitutto – dove accedono gli studenti dell’intera area meridionale del capoluogo. Serve poi mettere in campo campagne informative e di sensibilizzazione rivolte ai più giovani e, contestualmente, sfruttare gli spazi dei plessi principali per iniziative culturali (mostre, conferenze, proiezioni cinematografiche, spettacoli teatrali) che rendano tali spazi vivi e partecipati anche oltre il normale orario delle lezioni. La scuola va ben al di là dell’attività didattica, ma occorre che i suoi spazi restino fruibili e attivi oltre il suono della campanella pomeridiana perché siano percepiti come parte integrante della vita pubblica delle diverse comunità.

L’auspicio è pertanto quello che gli assessorati alla cultura e ai giovani si attivino in tal senso, non lasciando alla sola repressione, costosa quanto poco efficace sul lungo termine, l’onere di affrontare il problema della sicurezza.

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