GIORNO DEL RICORDO La complessità della storia e la tragedia delle foibe

La riflessione di Marco Ostoni

“Conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Cita così, all’articolo 1, la Legge 30 marzo 2004, n. 92, istitutiva della Giornata del Ricordo che si celebra quest’oggi in tutta Italia. E di queste parole è opportuno soffermarsi soprattutto sulla frase finale: una “coda” tutt’altro che secondaria aggiunta dal legislatore al corpo del testo, con quell’aggettivo “complessa”posto quasi a monito perché non si semplifichino le vicende del confine orientale della Penisola, per trent’anni (dal 1918) teatro di scontri, divisioni e cambi di “casacca” fino alla definitiva suddivisione fra Italia e Jugoslavia sancita dai trattati di pace di Parigi del 1947. e, sette anni più tardi, dalla fine dell’esperienza del Territorio libero di Trieste con la sua spartizione fra Roma e Belgrado.

Una storia intricata e sofferta quella del lembo italo-slavo dell’ex impero austroungarico, che vent’anni fa un’iniziativa parlamentare bipartisan (solo Rifondazione e Comunisti italiani votarono contro) volle togliere dall’oblio in cui, fuori dal mondo accademico, era finita per la difficoltà a far riconoscere nel discorso pubblico ed introdurre a pieno diritto nei programmi scolastici le gravi responsabilità di una parte – la Jugoslavia – alleata sì con le forzi vincenti della Seconda guerra mondiale ma protagonista delle indiscriminate uccisioni di massa (con relativo occultamento dei corpi nelle forre carsiche dell’area, le foibe) perpetrate dai partigiani comunisti titini ai danni dei civili italiani. Italiani che lì risiedevano da decenni e che divennero indiscriminatamente l’obiettivo cui far pagare le politiche nazionalistiche e oppressive del regime fascista, impegnato a cancellare l’identità, la cultura e la lingua slave per lasciare spazio all’“italianità” voluta dal duce.

Purtroppo, e a lungo, nelle celebrazioni della Giornata del Ricordo si è finito paradossalmente per scordare tutto ciò (e dunque il concetto di “complessità” che invece la legge esplicitamente introduceva proprio in esordio) e per far prevalere logiche da stadio. La vicenda delle foibe è stata usata a fini politici da non pochi esponenti della destra per tentare di marcare un’altra lettura della resistenza italiana; sull’altro fronte, da sinistra, è partita la crociata opposta, volta a ridimensionare il peso di quell’orrenda pagina di storia.

La memoria (che è sempre di parte e raramente è condivisa, men che mai dopo l’esperienza del Ventennio) ha finito così per sostituire la storia, arrivando a mettere addirittura in un’assurda quanto perniciosa competizione il 10 febbraio con il 27 gennaio, Giorno (internazionale) della Memoria della Shoah. Non è stato raro vedere Comuni celebrare la Memoria e snobbare il Ricordo e viceversa.

Il passare degli anni, per fortuna, sembra aver stemperato un po’ tensioni e strumentalizzazioni, e anche la storiografia si è (ri)messa al lavoro, sfornando titoli volti a studiare con rigore il fenomeno foibe, tracciandone meglio i contorni e, soprattutto, contestualizzandolo adeguatamente nei luoghi e nella congerie storica e in cui tragicamente si manifestò.

Oggi per la prima volta le celebrazioni del Ricordo si terranno con al governo Fratelli d’Italia, cioè il partito erede dei promotori iniziali della legge (An), non certo avulsi dalle summenzionate tentazioni di rilettura del passato. L’auspicio è che rivendicazioni e strumentalizzazioni restino ai margini e che, invece, quella odierna sia l’occasione per riflettere su una pagina molto buia del Novecento e sugli orrori che la guerra, di qualunque tinta si colori, sempre si porta appresso.

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