
Disarmata e disarmante, questa è la pace che Papa Leone ha augurato al mondo affacciandosi emozionato al balcone di piazza San Pietro appena dopo la sua nomina. Parole importanti, legate indissolubilmente al saluto del Risorto ai suoi.Una pace che non ha nulla a che vedere con il concetto classico di pace, che la vedeva come “l’interruzione dello stato di guerra permanente, un equilibrio imposto dal più forte”, come scrive Alessandro D’Avenia. Una “pace” che dura fino a che qualcun altro più forte di lui non lo scalza dal podio, ovviamente con drammi e sofferenze umane indicibili, soprattutto da parte di chi questo tipo di “pace” la patisce, ieri come oggi. Anzi forse ancora più oggi di ieri, visto che le guerre aumentano per numero, intensità ed atrocità subite soprattutto da civili inermi. “Quando Cristo dice pace a voi - continua D’Avenia - non impone un rapporto di forza del divino sull’umano, un accordo tra parti in guerra, ma crea la nuova condizione in cui umano e divino sono una cosa sola. Non è un mero augurio ma un dato di fatto: felicità, gioia, pienezza, integrità, salvezza, qui e ora, e sempre”.
Papa Leone fa suo, proprio nell’avvio del suo pontificato, l’annuncio di questa pace del Risorto, cioè l’annuncio di una vita piena, rinnovata… e possibile. Una vita da accogliere, e da far ripartire spuntando finalmente gli artigli sempre affilati della brama di possesso e di accumulo, mai sazi, di deliri di onnipotenza, di muri di sospetto che erigono altri muri. E che generano sofferenze su sofferenze.
Basta! Dice Papa Leone, mettendo i suoi primi passi nelle tracce ben marcate lasciate da Papa Francesco. Ripartiamo dalla vita piena garantita dal Risorto, da questa pienezza offerta alla nostra libertà a patto che scegliamo di disinnescare il potenziale distruttivo della violenza.
Il Risorto ci indica anche il modo, mostrandosi ai suoi con la sua carne ferita bene in evidenza, senza nulla che possa mitigare od occultare la visibilità dei segni della violenza patita. Anche il suo primo affacciarsi al mondo è stato così, come bimbo nudo, disarmato e disarmante quanto può esserlo la carne tenera di un neonato. Ma noi continuiamo a violentarla con le scelte scellerate con cui decidiamo chi merita di vivere e chi invece no e con l’indifferenza che di fatto le avalla. Gaza, Ucraina, l’enorme cimitero che è diventato il Mediterraneo… sono i toponimi che tutti ormai conosciamo, dietro i quali ce ne sono moltissimi altri, che però non fanno notizia, ma fanno comunque morti a migliaia e migliaia. Certo la nostra società algofobica, cioè, terrorizzata dal dolore, cerca con ogni mezzo di anestetizzarsi dal dolore, fino a renderlo insignificante. Ovviamente quando si tratta di quello degli altri. Ma non potremo certo dire che ”non sapevamo”! Semmai potremo dire che eravamo distratti da altro… non è però una scusante. Invece è proprio questa nudità disarmata e disarmante di bimbo, ferita e poi assassinata, che il Risorto ci mostra come unica via da percorrere per una pace come pienezza di vita. Perché questo è il denominatore comune della nostra umanità: nascere disarmati e disarmanti e poi liberamente scegliere cosa farne. Per la nostra vita e per quella degli altri. E solo quando non riproporremo l’eterno e fallimentare schema di una “pace” frutto di un braccio di ferro in cui il più forte abbatte l’altro, e solo quando il profumo tenero di ogni carne bambina tornerà ad intenerirci il cuore, e solo quando la lasceremo fiorire senza calpestarla, solo allora la pace di Cristo potrà riaccendere il mondo, perché troverà spazio dove abitare. Papa Leone ha voluto salutare il mondo con la proposta di questa possibilità sempre aperta: ricominciare dalla pienezza.
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