Davide contro Golia: la guerra d’inverno tra Unione Sovietica e Finlandia

Tattica militare e contesto internazionale arginarono la perdita di territorio

Il 30 novembre 1939 iniziò la Guerra d’Inverno tra l’Unione Sovietica e la Repubblica di Finlandia. Da tempo Mosca puntava a riconquistare alcune regioni finlandesi, dopo la disgregazione dell’Impero Russo nel 1917. Il patto Molotov-Ribbentrop (23 agosto 1939) aveva assicurato a Stalin un’ampia libertà di manovra nell’Europa Orientale. Le Repubbliche baltiche avevano lasciato entrare volontariamente le truppe sovietiche nel proprio territorio, ma con la Finlandia non andò così.All’Urss interessavano la regione della Carelia e i bacini minerari intorno al porto artico di Murmansk: era prioritario rafforzare le difese attorno a Leningrado, in caso di attacco da parte dei tedeschi. Per questo motivo, nel mese di ottobre, furono avviati i colloqui col governo finlandese. Ad Helsinki c’era chi sosteneva la linea ferma e chi, invece, riteneva più conveniente trovare un compromesso, come il comandante dell’esercito finlandese, von Mannerheim. In effetti, nel caso in cui i negoziati fossero falliti, si sarebbe andati incontro a un conflitto asimmetrico: i sovietici, forti di un impressionante vantaggio numerico, erano potenzialmente in grado di cancellare la Finlandia. Non poteva esserci alcuna resistenza, sulla carta. Tuttavia, Eljas Erkko, ministro degli Esteri finlandese, rigettò ogni richiesta di aggiustamento territoriale da parte dell’Urss. Al termine dell’incontro, Molotov, il suo omologo sovietico, disse: «Noi civili non abbiamo alcun ulteriore ruolo nella questione; ora tocca ai militari dire la loro». E così fu dichiarata la guerra.

I reparti finlandesi, organizzati in piccole unità d’accerchiamento (le cosiddette motti), poterono sfruttare a proprio vantaggio la conoscenza del territorio: la Finlandia è composta prevalentemente da foreste e laghi che impediscono l’impiego massiccio di carri armati, specie a temperature polari e con poche ore di luce a disposizione. In più, i reparti mobili adottarono tattiche di guerriglia, grazie a battaglioni di sciatori perfettamente addestrati e, vestiti di bianco, ben mimetizzati tra le nevi.

L’originario piano sovietico, che prevedeva una guerra lampo a imitazione della blitzkrieg tedesca, fallì. Per occupare i territori finlandesi ci sarebbe voluto più tempo del previsto. Per di più, l’esercito sovietico si era presentato mal organizzato: risentiva ancora degli effetti delle purghe staliniane del 1937, che avevano decimato i quadri ufficiali.

I cecchini finlandesi furono una delle armi più efficaci della resistenza. Il più celebre tra loro fu Simo Häyhä, soprannominato Morte Bianca. Häyhä è ricordato soprattutto per il suo contributo nella battaglia di Kollaa, in cui uccise almeno 542 soldati sovietici (alcune stime gli attribuiscono addirittura 800 vittime), diventando il cecchino più letale della storia militare. Non usava il mirino telescopico, sparava a vista: un eventuale riflesso sulla lente dell’obiettivo avrebbe potuto rivelare la sua posizione. Ciononostante, riusciva a centrare bersagli anche da una distanza di 400 metri. Inoltre, teneva sempre in bocca un po’ di neve per non creare condensa con il proprio respiro.

L’inaspettata resistenza finlandese diede avvio a iniziative di forte impatto simbolico, come l’espulsione dell’Unione Sovietica dalla Società delle Nazioni il 14 dicembre 1939. Alcuni Paesi europei contribuirono con l’invio di materiale bellico e di truppe volontarie. Anche l’Italia fece la sua parte, inviando alcuni caccia in supporto all’armata finlandese. Con il pretesto di sostenere la lotta anticomunista della Finlandia, Mussolini puntava a prolungare il più possibile il conflitto su quel fronte per distogliere l’Urss dai Balcani, una regione su cui Roma voleva accrescere la propria influenza per condurre una politica estera autonoma dalla Germania. Hitler, dal canto suo, temeva un indebolimento del patto Molotov-Ribbentrop, che era fondamentale per poter fronteggiare Gran Bretagna e Francia senza aver nulla da temere sul fronte orientale. Il Führer, inoltre, voleva scongiurare il rischio che la causa finlandese venisse sfruttata dagli Alleati per intervenire in Scandinavia e bloccare i rifornimenti di ferro svedese diretti in Germania.

Dopo i disastri delle prime settimane, però, l’Urss affidò il comando delle operazioni al generale Semën Timošenko, che condusse una guerra di logoramento: concentrazione di forze sull’Istmo di Carelia, massicci bombardamenti aerei e attacchi frontali ad alta intensità. Questa nuova strategia, seppur costosa in termini di vite umane, permise ai sovietici di sfondare la Linea difensiva Mannerheim e costrinse la Finlandia alla resa, dopo la conquista sovietica della città di Vyborg. Il 12 marzo 1940 si concluse la Guerra d’Inverno. Perdendo un decimo del loro territorio e subendo enormi perdite, i Finlandesi riuscirono nondimeno a mantenere la piena indipendenza.

Curiosità: la Guerra d’Inverno fu seguita da Indro Montanelli, che, appena trentenne, arrivò ad Helsinki nell’autunno del 1939 come corrispondente di guerra.

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