COMMENTO Le scuole senza alunni sono il futuro del Lodigiano?

Non vorrei essere nei panni dei dirigenti scolastici e del provveditore agli studi. A loro spetta il compito di formare le classi e distribuire i docenti in una fase storica nella quale a scarseggiare è la materia prima, cioè gli studenti. Conseguenza tangibile di una società che non fa più figli e nella quale sembra essere diminuito anche l’apporto dall’esterno degli stranieri.

Succede dunque nel Lodigiano che a un parroco tocchi lanciare l’allarme per evitare che una scuola di quartiere si spenga perché gli iscritti alla prossima classe prima sono soltanto nove e con questi numeri non è assicurato che venga attivata. Siamo a Lodi, a San Gualtero, periferia nord, dove oltre alla scuola e all’oratorio (preziosissimo e assai vivace) non ci sono altri punti di riferimento. Per fortuna il Comune ha assicurato che è allo studio una soluzione: speriamo in un esito positivo.

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Succede pure, sempre nel Lodigiano, che due Comuni della Bassa “litighino” per uno scuolabus, in un territorio, non lontano dal Po, nel quale si rischia un reale spopolamento. Siamo tra Caselle Landi e Meleti, bassa agricola, un tempo serbatoio di manodopera per le campagne e oggi territorio nel quale i sindaci fanno i salti mortali per mantenere attivi i servizi basilari, a partire dalle botteghe di paese. Chiuse quelle e con un tasso di natalità infimo, il rischio è che muoiano le comunità.

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Succede ancora, sempre nel Lodigiano, che il 2022 abbia fatto registrare un lievissimo incremento della popolazione rispetto al biennio del Covid. Ma la composizione della popolazione dice che siamo una provincia sempre più vecchia. E addirittura nel capoluogo il numero dei residenti cala, di pochissimo ma cala.

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Tutto questo per dire cosa? Tutto questo per dire che dobbiamo abituarci a un futuro prossimo nel quale sarà sempre più complicato garantire scuole in tutti i comuni e lo sarà soprattutto nella Bassa, dove già oggi alcuni centri mandano i ragazzi a scuola nei paesi vicini.

Non possiamo però arrenderci alla fredda burocrazia e ai numeri che non tornano. Privare una comunità della scuola significa amputarla. E soprattutto nelle città, nel nostro caso Lodi, non possiamo permetterci di chiudere le scuole dei piccoli quartieri, quelle più periferiche, perché una comunità non è fatta solo di case e fabbriche ma ha un’anima e un tessuto sociale. Da salvaguardare perché sono beni preziosi. E dunque anche se è difficile, occorre fare in modo che il prossimo settembre i nove bambini di San Gualtero possano frequentare la loro scuola. Il sindaco e la vicesindaca di Lodi si sono impegnati affinché questo accada. La decisione finale spetta al Ministero e al provveditore agli studi, ma la parola di un sindaco ha ancora un valore. E dunque occorre essere speranzosi.

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C’è però un altro sindaco che di parole in queste settimane ne ha spese parecchie. Siamo a San Martino in Strada e in questo caso il primo cittadino sta denunciando una situazione assai bizzarra: i bambini iscritti alla scuola dell’infanzia sono in numero superiore rispetto ai docenti assegnati dal Ministero. Con la conseguenza che una dozzina di bambini rischiano di essere esclusi. In una provincia che vede crescere il numero degli ultracentenari dovremmo stendere tappeti rossi alle famiglie che fanno figli. E invece le puniamo dicendo loro che non ci sono insegnanti sufficienti e che in fondo la scuola dell’infanzia non è scuola dell’obbligo. Il sindaco di San Martino in Strada sta gridando ai quattro venti la sua rabbia. Non possiamo che essere al suo fianco.

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