Armistizio e trattativa unica via di pace in Ucraina

La proposta del socialista lodigiano Enrico Bignami è valida anche cent’anni dopo

Un grande utopista lodigiano, il socialista Enrico Bignami (1844-1921), dal 1898 esule a Lugano, si prodigò per riportare la pace nell’Europa sconvolta dalla Grande guerra e per soccorrere le vittime. Nel settembre 1915, di fronte all’immobilità dei fronti bellici dopo 11 mesi di violentissime battaglie, rilasciò una intervista al «Corriere del Ticino», che sembra illuminante anche per il momento che viviamo oggi in Europa, dove da 18 mesi si combatte una guerra che ha costi elevatissimi in vite umane, in distruzione di strutture, in armamenti, in avvelenamento del suolo e dell’aria. Bignami, contraddicendo chi riteneva non fosse ancora il momento opportuno per parlare di pace, interpretava la “immobilità dei fronti” di guerra come l’occasione per avviare trattative di pace: Si cessi dunque l’inutile strage, la crudele quanto insensata devastazione e si concluda finalmente un armistizio. (...) Chi la vuol continuare ad ogni costo è forse meno colpevole di chi l’ha incominciata?”. Chi e quando l’ha incominciata la guerra russo-ucraina? Si può rispondere in tanti modi, a seconda che si guardi a cause remote, cause prossime, cause immediate della guerra. Un groviglio di variabile interpretazione:

1. Dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia (1991), che faceva capo all’Unione Sovietica, l’Alleanza Nord-Atlantica (NATO) anziché imboccare la via del disarmo, della diminuzione delle spese militari, aprì all’adesione alla NATO dei Paesi dell’ex Patto di Varsavia, che la Russia percepì come una minaccia (la NATO è così passata da 16 a 31 Paesi).

2. Le violente proteste del febbraio 2014, in piazza Maidan a Kiev, portarono in Ucraina alla destituzione del presidente filorusso Janukovic e all’instaurazione di un governo filo-occidentale; in risposta al cambio di governo il presidente russo Putin manovrò per un referendum di annessione della Crimea alla Russia (appartenuta alla Russia fino al 1954) e si schierò a fianco dei territori russofoni del Donbass, che nell’est dell’Ucraina erano insorti contro il governo di Kiev che li vessava nella loro identità, proibendo perfino l’uso della lingua.

3. Le pressioni dell’Europa per riportare un dialogo tra Russia e Ucraina produssero i Protocolli di Minsk (febbraio 2015) sottoscritti con la mediazione di Germania e Francia e il coinvolgimento dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Ma i Protocolli restarono inattuati, sia perché l’Ucraina non volle riconoscere uno status speciale al Donbass sia lo scarso impegno dell’Europa.

4. La situazione di stallo tra i due Paesi (ma nel Donbass era continuata una guerra a “bassa intensità”) fu travolta il 24 febbraio 2022, quando la Russia, dopo aver riconosciuto l’indipendenza dell’autoproclamata Repubblica del Donbass, ha aggredito con il suo esercito il territorio ucraino.

Ma questa guerra è soltanto una guerra tra russi e ucraini?

Fin dalle prime settimane si è rivelata altro: una guerra tra la Russia e la NATO che arma e finanzia l’Ucraina. Una Russia che aspira a ritornare grande potenza e un Occidente a guida USA che vuole ribadire la sua egemonia mondiale in previsione di un futuro scontro con la Cina. Una guerra che non può finire, nonostante le iniziative diplomatiche di Papa Francesco, perché l’Ucraina accetta una sola opzione: vincere!

Chi ha interesse a continuare una guerra disastrosa, rifiutando armistizio e trattative di pace? I “signori della guerra”, ossia gli apparati industrial-militari, che non solo sono impegnati a costruire armi, ma a farle impiegare, perché garantisce enormi profitti. Perfino dietro le guerre cosiddette “umanitarie” stanno gli interessi del sistema industrial-militare. Oggi non si svuotano gli arsenali di armi per riempire i granai (come esortava il profeta Isaia… e grandi testimoni di pace), ma si svuotano gli arsenali, impiegandoli in guerre, per riempirli con armi di ultimo modello.

La spesa militare nel mondo nel 2022 ha raggiunto il record di 2.240 miliardi di dollari: gli USA sono i primi con 877 miliardi, tre volte più della Cina (292 mld), dieci volte più della Russia (86,4 mld); i Paesi NATO (USA compresi) hanno speso 1.232 miliardi.

Questo é inaccettabile, perché per tanti popoli del Sud del mondo, c’è uno stretto rapporto tra spese militari e condizioni di vita dei cittadini: se i governi investono in armamenti, riducono le spese sociali (per alimentazione, casa, scuola, sanità, previdenza). In parte è così anche per i Paesi più ricchi. Anche per l’Italia (33,5 mld nel 2022), a cui peraltro la NATO chiede di aumentare ancora la spesa militare fino al 2% del PIL.

Se a vincere sarà uno dei due contendenti, non sarà pace tra i loro popoli e nel mondo. Deve vincere la pace e alla pace si arriva con l’armistizio e la trattativa.

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