Artigianato, nel Lodigiano è una vera emorragia: è scomparso quasi il 25 per cento delle imprese

Le categorie non si arrendono: «Il mercato apre nuove sfide per creare valore»

Pesante emorragia delle imprese artigiane in provincia Lodi. La contrazione dal 2010 ad oggi è stata del 22 per cento (quasi una su quattro): da 6.256 sono scese a 4.881.

È quanto emerge da uno studio condotto dall’Associazione italiana dottori commercialisti (Aidc) ed elaborato dal data analyst Davide Stasi, che ha analizzato l’andamento delle imprese artigiane. È stato preso in esame il saldo tra nuove iscrizioni e cancellazioni al registro delle imprese della Camera di Commercio, ad eccezione delle inattive e di quelle sottoposte a procedure concorsuali.

Il calo delle imprese artigiane è stato progressivo. Ce ne erano 5.496 a fine 2015 e 5.111 a fine 2020, ora sono scese sotto quota 5mila. «Una buona parte di questa contrazione registrata– specifica l’analista Stasi – riguarda attività legate all’artigianato artistico, come ceramisti, ma anche sarti, calzolai e gli artigiani dell’arredo casa. Molti si sono visti costretti a gettare la spugna a causa dell’agguerrita concorrenza della grande distribuzione». Per le associazioni di categoria del settore le cause di questa contrazione dipendono da molteplici fattori.

«Sul decremento delle attività artigianali hanno inciso, anche nel Lodigiano, fenomeni epocali: la crisi demografica, la flessione della domanda interna di servizi e prodotti, l’interruzione per ragioni anche culturali del passaggio generazionale, lo sgonfiamento della bolla edilizia. In ogni caso descrivere come declino il trend delle attività artigiane è un esercizio superficiale, perché non dà conto dell’evoluzione dell’artigianato nell’ultimo decennio – commenta Vittorio Boselli, segretario generale di Confartigianato imprese della provincia di Lodi -. Quelle che chiudono sono attività certamente pregevoli, però legate a una società che, in larga parte, non esiste più. La realtà è che l’emersione di nuovi e in qualche caso più sofisticati bisogni spinge in alto o comunque consolida alcuni settori tutt’altro che in crisi: quello del benessere, del food, della comunicazione creativa, della sicurezza personale e degli ambienti, legati a cura della propria persona, al mangiare bene e locale, all’abitare in luoghi comodi e sicuri». Si registra insomma un cambiamento profondo del tessuto imprenditoriale del territorio. «I numeri parrebbero dire il contrario, tuttavia l’artigianato sta conoscendo una rinascita nella cultura nazionale e del nostro territorio, che sta riabilitando la “mano intelligente”, cioè il connubio tra abilità manuali e conoscenze avanzate, di tipo digitale e tecnologico - aggiunge Boselli -. Oltre l’aspetto statistico, la prospettiva che ci deve vedere impegnati è un’altra e riguarda ogni settore economico, non solo l’artigianato: il lavoro autonomo non conoscerà un nuovo sviluppo, anche numerico e dimensionale, se il valore del “mestiere” non riprenderà tra le giovani generazioni il posto che gli spetta, nell’interesse dell’intero corpo sociale».

Per l’unione degli artigiani il Lodigiano ha ora davanti una sfida decisiva. «È nel piano territoriale, in discussione in Provincia, che occorrerà porre le basi per attrarre nuove attività produttive. Bisogna puntare non solo sulle leve di natura economica, ma su agevolazioni di natura burocratica per andare incontro alle aziende – osserva Mauro Sangalli, segretario generale dell’Unione artigiani – per anni abbiamo puntato sulla vocazione agroalimentare del territorio, ma nel tempo le condizioni sono decisamente cambiate. Sono aspetti che dovremo prendere in considerazione a partire dai prossimi mesi». Trasformazioni del mercato che hanno ridimensionato molti mestieri, ma hanno nello stesso tempo creato nuove opportunità e modificato l’offerta delle imprese locali, aprendo strade inedite per creare valore.

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