Di epiteti più o meno ingiuriosi nel nostro dialetto, come abbiamo visto, “ghe n’é un sfracel”. Non potendo elencarli tutti, col rischio di trasformare questa rubrichetta in “Parolacce fuori corso”, ci limiteremo a ricordarne alcuni, noti e meno noti.Fra i primi non possiamo ignorare il diffusissimo bamba (da ‘sciocco, ingenuo’, fino a ‘deficiente’). A conferma che la categoria è ampiamente rappresentata anche fuori del Lodigiano, ricordiamo il bamba milanese (cantato da Enzo Jannacci, quello che “faceva il palo della banda dell’Ortica”), che con i suoi fratelli bambo, bambu, bambos ecc. spadroneggia in tutta la Lombardia, da Pavia a Bergamo, da Sondrio a Cremona. Questa parola non è però prettamente settentrionale: nasce infatti, dall’antico italiano bambo col significato di ‘bambino’, da un’origine onomatopeica “bamb-” che imita il linguaggio infantile, linguaggio fatto inizialmente di sole consonanti labiali e di raddoppiamenti sillabici. Troviamo infatti gli stessi suoni anche in altre lingue, come ad esempio nell’inglese baby, nel tedesco Bube, nel franco-iberico bebe. Solo successivamente bambo diventa aggettivo nel senso di ‘ingenuo’ (come è appunto un bambino) e poi ‘sciocco, tardo di mente’. Da bamba a bambanada (sciocchezza) si arriva senza grandi sforzi di immaginazione.Visto il periodo “festivaliero”, restiamo sulle canzoni, cambiando le parole ma non l’autore. “Quel pistola seri mi” cantava ancora il mitico Jannacci, offrendoci un’altro epiteto lombardo - sinonimo di bamba - dalla parentela impresentabile ma facilmente immaginabile, esportato in tutta la penisola.Che fa rima con pistola - ma etimologicamente più vicino a bamba - è invece il più raro titòla. ‘Fatuo, giocherellone’ o anche ‘sdolcinato’ nel Lodigiano, nel Milanese e dintorni diventa ‘sempliciotto, sciocco’. Secondo alcuni l’origine va cercata nel termine titola per ‘ragazza’, usato già da Jacopone da Todi (secolo XIII). Sarebbe infatti parente stretto dell’antico citella, diminutivo di cita (ancor oggi usato per ‘ragazza’, ad esempio in Piemonte) e dell’italiano moderno zitella. Altri studiosi, facendolo derivare dal verbo titulà, ‘giocherellare, stuzzicare’, lo associano invece all’italiano titillare.Un altro epiteto che ha fatto fortuna è imbesuito. Classificato dai vocabolari di italiano come voce regionale lombarda, nasce dal nostro imbesüid: ‘tonto, instupidito’. Anche sull’origine di questo termine i linguisti dibattono furiosamente: alcuni lo associano a ubriaco, ossia ‘intontito dall’alcol’, come nell’italiano “bevuto”; altri al tardo latino bessus, ‘bestiale’, quindi ‘stupido’.Di provenienza veneta è invece un’altra parola del nostro vocabolario locale: pandolu. In Lombardia lo troviamo anche nella forma pantula, forse per assonanza con gandula, sempre con significato di ‘tonto, sempliciotto’. Il pandolo veneto “originario” era (oggi è quasi scomparso) un pane biscottato dolce, di forma lunga e appiattita, così chiamato, spiegano a Schio, forse perché creato secoli fa da un fornaio del paese di Dolo (“pan de Dolo”). In senso figurato pandolo è poi diventato sinonimo di ‘inetto, impacciato, ingenuo, stupidotto’, ma sempre in tono bonario, come anche noi lodigiani in effetti lo usiamo.Dal Veneto all’Istria, il pandolo (talvolta con spostamento di accento in pàndolo) è anche la nostra lippa, il bastone corto di forma affusolata che schizza via colpito dalla mazza nel gioco omonimo dei nostri nonni.
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