Vito Ribaudo: “sangue, pane” e scrittura

Il terzo romanzo del manager e scrittore di Zelo è una saga familiare che attraversa un secolo di storia

È tornato in libreria con il suo terzo romanzo Vito Ribaudo, manager di Zelo (e già collaboratore di questo giornale) con il “vizio” della scrittura. Dopo “Una grande opportunità” (Rizzoli) e “L’Elbano” (Morellini), usciti rispettivamente 5 e 2 anni fa, il direttore delle risorse umane di Rcs ha pubblicato - ancora per Morellini - “Sangue e pane”, un romanzo breve e denso, che narra l’epopea della famiglia Vastiani tra Mistretta, New York e Milano a partire dagli anni ’30 del Novecento fino ai nostri giorni. Lo incontriamo per una breve conversazione.

Vito, tu sei di origini siciliane, quanto c’è di realmente autobiografico nell’epopea dei Vastiani? «I miei nonni paterni e mio padre sono nati e cresciuti a Mistretta, la “capitale” dei Nebrodi, catena montuosa sulla costa tirrenica della Sicilia. L’unico episodio “sottratto” dalla biografia di famiglia è il viaggio oceanico tra Palermo e New York di uno zio di mio nonno, zio Isidoro appunto, che come migliaia di italiani nei primi decenni del secolo scorso si trovò a emigrare verso “le Americhe” come erano usi definirle».

Il libro è nettamente tripartito: tre parti, tre luoghi e tre stili diversi. Certamente la scelta è legata all’itinerario Sicilia - New York - Milano della famiglia, ma c’è dell’altro? La scelta stilistica, in particolare, ha tre anime... «In un solo romanzo ho in effetti voluto racchiudere più “stanze” con le tre parti, tre personaggi principali (Isidoro, Juliet e Vincent), i tre luoghi della narrazione, i tre cognomi (Pane, Vastiani e Scott) che si susseguono all’interno della stessa famiglia. È stata una scelta per offrire al lettore un unico “ambiente narrativo” con luoghi differenti che aiutano nel migrare dei decenni, visto che la storia abbraccia il secolo che va dal 1914 al 2014 con le tre generazioni caratterizzate dai personaggi che si passano il testimone».

Come trovi il tempo per scrivere con l’impegnativo lavoro che svolgi? Devi “ringraziare” anche il lockdown? «Esistono delle ore al confine tra la sera e la notte che restano ancora “terra di esplorazione” per la lettura che è la mia attività preferita e, ogni tanto, per la scrittura. Cerco di difendere quel “territorio”. Invece non ho avuto assist dal lockdown perché le attività editoriali in quanto essenziali non hanno avuto interruzione. Diciamo che non ho potuto “soffrire” della malinconia che altri hanno patito durante quel periodo».

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