VENEZIA Cronaca e “dolce vita” nella notte di Costanzo

Le recensioni di “Finalmente l’alba” e di “Povere creature” di Lanthimos

«Roma fa perdere tempo» sospirava Jep Gambardella contemplando “la grande bellezza” di Sorrentino. E dentro la Roma dei sogni, dentro Cinecittà precisamente, ambienta il suo Finalmente l’alba Saverio Costanzo, in bilico tra cronaca, sogno e “dolce vita”. L’ispirazione per il film (il primo italiano in Concorso alla 80esima Mostra del cinema di Venezia, un ritorno dopo la presenza in Concorso nel 2014 con Hungry Hearts) è venuta al regista da un fatto di cronaca, l’omicidio di Wilma Montesi trovata morta sulla spiaggia del litorale romano nel 1953: fu il primo “caso mediatico” del nostro Paese, un delitto con sullo sfondo il mondo di tante ombre e poche luci del cinema italiano, la nobiltà decaduta, la politica delle clientele e un corollario di corruzione diffusa.

Ad attraversare la notte buia di Roma nel film è la protagonista Mimosa, ragazza di borgata che si trova per caso sul set di un kolossal in costume, al fianco degli attori americani che fino a quel momento aveva visto solo sulle riviste. Il suo sarà un viaggio iniziatico tra una “dolce vita” stropicciata e già decadente, stelle che andranno in frantumi e la consapevolezza di andare incontro a un futuro finalmente differente.

Saverio Costanzo - che sui titoli di testa dedica il suo film al padre Maurizio - ha diretto a sua volta una sorta di kolossal, che può contare su un cast internazionale che riunisce Lily James, Joe Keery, Rachel Sennott, Alba Rohrwacher (nei panni di Alida Valli) e Willem Dafoe, per arrivare a Rebecca Antonaci nei panni della palpitante Mimosa. Un film che sembra avere lo stesso sguardo sognante sul passato della sua giovane protagonista, destinato però a sporcarsi nel corso della notte che racconta. In attesa che “finalmente” arrivi l’alba.

Anche per il greco Yorgos Lanthimos si tratta di un ritorno a Venezia: il suo Povere creature è uno dei film più attesi di questa edizione della Mostra, un’opera complessa e surreale - tratta dal romanzo di Alasdar Gray - che tra romanzo gotico e fantascientifico racconta il percorso di affermazione di sé di Bella, giovane riportata in vita da uno scienziato, il Dr. Godwin Baxter, che affronta senza freni né pregiudizi di sorta il nuovo mondo in cui è stata resuscitata e che decide di esplorare affrancandosi da mariti, tutori, persino dal suo “creatore”. Bella scappa per sperimentare e imparare, intraprendere un viaggio attraverso i continenti, passa da Alessandria a Parigi, scopre la povertà, il dolore mentre cerca la libertà e un ideale di uguaglianza. Quella di Lanthimos è una parabola “scorretta” che gioca e provoca a più livelli, mentre affronta temi fondamentali e questi filosofici. Senza freni e senza stare nei margini, andando incontro a più di un rischio e dilungandosi anche in più di un momento. Ma che non perde la capacità di interrogare lo spettatore, spiazzandolo anche in più di un momento.

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