
«Uno sguardo profondo tra conflitti dimenticati, diritti umani e ambiente»
FOTOGRAFIA ETICA Nella sede di Progetto immagine la presentazione dell’edizione 2025 del festival
Non è solo una rassegna fotografica. È un viaggio, uno sguardo collettivo, un invito a fermarsi davanti a ciò che spesso scorre via troppo in fretta. A partire dal 27 settembre fino al 26 ottobre, Lodi si prepara ad accogliere uno degli appuntamenti culturali più attesi e riconoscibili del panorama territoriale (e nazionale): la sedicesima edizione del festival della Fotografia etica. «In un’epoca di comunicazione rapida e sovraccarica di informazioni contrastanti, dove il mondo è attraversato da ingiustizie, conflitti e disuguaglianze - ha detto Davide Torbidi, presidente del gruppo fotografico Progetto Immagine, da cui è nata l’idea del festival e che ha presenziato all’incontro di venerdì sera organizzato per presentare l’edizione 2025 - le nostre mostre fotografiche si distingueranno per la loro capacità di restituire profondità allo sguardo, ponendo l’accento su questioni sociali, diritti umani, crisi ambientali e conflitti spesso dimenticati». E quest’anno ci sono alcune novità: «Se l’anno scorso sono stati introdotti podcast e video proiezioni - spiega Alberto Prina, direttore del festival; - da quest’anno possiamo annunciare anche che la diocesi di Lodi, in occasione dell’anno giubilare, ci ha nominato come evento culturale di rappresentanza della città. Inoltre, grazie a uno dei nostri storici sponsor, la Epson, faremo dei moduli a parete creando una specie di anfiteatro negli spazi della Bcc Centropadana in corso Roma, a Lodi». L’obiettivo? Non limitarsi a inquadrare il mondo, ma interrogarlo. “Un po’ come si evince dalla scelta della giuria - spiega Laura Covelli, curatrice delle mostre, nonché componente della giuria - di proclamare come vincitori 7 fotografi, tra gli oltre 1.000 partecipanti provenienti da 80 paesi diversi, che toccano molte tematiche profonde». In ordine Federico Rios, per il reportage Paths of Desperate Hope, Cinzia Canneri con Women’s Bodies as Battlefields, Diego Fedele per The Price of Choice, Loay Ayyoub con The Tragedy of Gaza, Md Zobayer Hossain Joati per We Live to Fight, Julius Nieweler per il reportage Whispers Say e Afshin Ismaeli con l’immagine The Price of War. «Quest’ultimo è stato classificato nella sezione Single shot award - racconta la curatrice - ritraendo un padre, veterano e mutilato dalla guerra, che abbraccia il figlio rappresentando l’immagine di due figure legate non solo dal sangue, ma da una sofferenza condivisa che trascende il nucleo familiare e diventa simbolo di una ferita collettiva».
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