Una nuova luce sulla cappella di Santa Caterina

Impalcature, teli e ponteggi, e i gesti di un’antica arte che restituisce dimenticati tesori: il fascino del restauro, della nuova vita concessa al passato. Siamo nella chiesa lodigiana di San Francesco, e i lavori in atto da quasi tre mesi riguardano la cappella di Santa Caterina di Alessandria, all’altezza della settima campata destra del tempio duecentesco. Qui è in fase di conclusione l’intervento di Emilia Vianelli e Martina Ceresa, le due restauratrici incaricate da un anonimo sponsor dei lavori divenuti improrogabili per la salvaguardia della cappella, che come spesso avviene per consimili spazi, concentra nelle sue vicende un pezzetto di storia cittadina. A volerne la costruzione fu infatti, nel 1377, Franceschino dei conti Modignani, membro della famiglia nobiliare lodigiana che nel terzo decennio del Settecento avrebbe poi costruito l’omonimo palazzo, noto anche come Fontana o Pitoletti, tra l’attuale via XX Settembre e corso Roma. L’iscrizione leggibile sull’arco di ingresso della cappella attesta poi la realizzazione dei primi affreschi nel 1433, e del primo restauro nel 1643: degli interventi non resta traccia, presentandosi oggi l’insieme nella veste acquisita nel XVIII secolo. Proprio su alcuni affreschi settecenteschi è avvenuta l’azione delle restauratrici: la giovane Martina Ceresa, una storia di studi e di passione per il recupero delle ricchezze d’arte del passato avviata con la laurea in Scienze e Tecnologie per la Conservazione dei Beni Culturali e proseguita con la formazione quinquennale alla nota Scuola di restauro di Botticino; la stessa frequentata da Emilia Vianelli, prima dell’esperienza presso i laboratori milanesi di Pinin Brambilla e di Paola Zanolini e dell’apertura di un proprio studio lodigiano dove si è resa autrice di numerosi recuperi. «Molto danneggiati, a causa delle infiltrazioni di acqua piovana interessanti la chiesa prima del recente rifacimento del tetto, si presentavano nella cappella specialmente gli affreschi della volta» spiegano le restauratrici focalizzando le zone degli interventi più consistenti «Inoltre, la forte umidità di risalita, cronicamente diffusa nell’edificio, aveva compromesso la decorazione dello zoccolo e dei finti altari».

Risanate dall’azione distruttiva delle efflorescenze saline, con la disciplina scientifica coniugata al ripristino estetico, le zone trattate sono parte dei dipinti affidati nel 1726 da Giovambattista Modegnani al pittore milanese Giovan Battista Sassi, già autore di affreschi nel suo palazzo lodigiano. Del Sassi l’impianto stilistico della cappella, dove decorò la volta con l’Assunzione in cielo di Santa Caterina di cui restano lacerti con immagini di putti e delle Virtù cardinali. Suoi anche i due affreschi laterali con il Matrimonio mistico e la Gloria della Santa, oggetto di puliture e ritocchi come le lesene che affiancano nella parete centrale il Martirio, la tela attribuita a Camillo Procaccini.

«Una delle più belle della città di Lodi»: così definiva la cappella un documento conservato all’Archivio Storico di Milano, datato 28 gennaio 1730. Peccato che i fondi a disposizione non consentano di estendere i lavori di recupero alla parete esterna, dove risulta ormai a malapena leggibile, sopra l’arco di ingresso, lo stemma dei Modignani.

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