La vita vera si scorge dalla terrazza di un quartiere popolare, da dove si scoprono quelle cose che dentro il villone con piscina annegano. Alice, moglie e madre arricchita e decisamente razzista, si ritrova all’improvviso vedova e senza una lira e, per la necessità di sbarcare il lunario, precipitata nel mondo reale che imparerà ad affrontare con una parrucca in testa. Escort, immigrazione, diversità: di questo parla Nessuno mi può giudicare, divertente e agrodolce opera prima di Massimiliano Bruno che, dopo una carriera brillante da sceneggiatore, debutta alla regia con un film singolare, da non derubricare sbrigativamente alla categoria “commedia televisiva”.
Se non è originale la “morale” del film, se alla fine può apparire troppo semplificata l’equazione (il bello e il buono si trovano nel posto più sporco in apparenza) è la maniera di raccontarla che colpisce. Il film funziona per come sono costruiti e raccontati i personaggi e per come sono scelti gli interpreti. Per la confezione di un tessuto narrativo che “tiene”, poggiato su un testo davvero divertente, arricchito dalle figure di contorno, da caratteri (Rocco Papaleo, Lillo Petrolo, Lucia Ocone) che sono la vera forza del film. E perché, senza troppa retorica, Bruno intreccia temi forti, parla della diversità e del razzismo, senza commiserazione, senza falso pietismo, dipingendo l’Italia al tempo della crisi meglio di tante opere che si prendono molto più sul serio. Affondando anzi le mani nella materia e ridendoci pure sopra, e mantenendo una leggerezza rara per il cinema italiano. E alla fine dice che no, non siamo tutti uguali, decisamente no. Ma sta proprio lì il bello. Troppo semplice? No, non fatevi ingannare, non è semplice.
PRIMA VISIONE - La vita vera si scorge dalla terrazza di un quartiere popolare, da dove si scoprono quelle cose che dentro il villone con piscina annegano...
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