Un vulcano con la macchina fotografica: Letizia Battaglia vive nel ricordo di Lodi

La straordinaria fotografa scomparsa mercoledì negli anni è stata più volte protagonista di mostre e incontri nella nostra città

Un vulcano, una forza della natura. Una donna che in un mondo di uomini ha avuto il coraggio di raccontare la lotta alla mafia tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90, con la sua inseparabile macchina fotografica al collo. La scomparsa di Letizia Battaglia, la più grande e iconica fotoreporter italiana, ha lasciato sgomenti anche i tanti lodigiani che hanno avuto la fortuna di conoscerla durante i suoi interventi in città: nel 2008 presentò “Attraversare le tenebre”, evento inserito nelle iniziative della Carovana antimafia, una mostra di quaranta immagini che scavavano nel cuore più nero di una Palermo atroce e reale, una città dilaniata dal cancro della malavita. Due anni dopo fu invece ospite del Festival dei comportamenti umani, mentre nel 2019 venne accolta come una star del cinema al Festival della fotografia etica, dove tenne una mostra antologica e uno strepitoso incontro con il pubblico all’aula magna del Verri. «La conobbi a Milano, al Centro San Fedele, durante l’inaugurazione di una sua mostra – ricorda Andrea Ferrari, ex assessore alla cultura del Comune di Lodi -. Le raccontai alcune idee che volevamo sviluppare in città e lei si convinse ad andare anche nelle province più piccole. In qualche modo si innamorò di Lodi: girava sempre con una piccola macchinetta fotografica. Il rapporto proseguì negli anni, andai più volte a trovarla a casa sua a Palermo, dove era amata e riconosciuta da tutti. Credo che avrebbe meritato più attenzione da parte dei media nazionali, era una donna e una fotografa straordinaria».

Legatissimo a Letizia Battaglia è anche Alberto Prina, coordinatore del Festival della fotografia etica. «Nel 2009 allestimmo la sua mostra nella sede del Gruppo Progetto Immagine in via Vistarini e fu ospite anche in una serata del corso di fotografia: mai vista la sala così piena. Era un vulcano, una donna unica, incarnava l’idea di libertà e di indipendenza. Ha lasciato una traccia fondamentale nel mondo della fotografia, grazie a un approccio concreto, combattivo, efficace. Le dissi che in una delle sue foto più famose, la bambina con il pallone davanti a un portone, rivedevo tutto il suo carattere, lei rimase piacevolmente sorpresa. In queste ore i social si stanno riempiendo di tributi: non è mai capitata una cosa del genere per un fotografo».
Fabio Ravera

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