Kansas, 2044. Un universo di città desolate, in cui oltre a scontare le colpe del passato, si pagano in anticipo quelle del futuro. In questa società la macchina per viaggiare nel tempo non è ancora stata inventata, ma trent’anni dopo sì e quindi il tempo a venire ha anche ideato la maniera per seppellire i propri peccati, spedendoli indietro negli anni. Così è nata una nuova generazione di killer, i looper, che eseguono “sentenze” decise nel futuro: sono dei sicari puntuali e freddi che uccidono seguendo appuntamenti stabiliti trent’anni avanti nel tempo e che materialmente uccidono persone che nemmeno avrebbero potuto incontrare. Fino a quando non si trovano davanti un se stesso invecchiato, quando arriva il momento di chiudere il cerchio e di saldare il proprio conto personale, eseguendo un’autocondanna che dà diritto a un compenso più alto e a far vivere liberi da ulteriori obblighi gli ultimi anni della vita, mentre un orologio scandisce il tempo che porta a quell’appuntamento.
Joe (Joseph Gordon-Levitt) è un looper, un killer che vive in questo futuro prossimo desolato e violento, una società che non è progredita nel bene, anzi. E in cui persino la telecinesi, sviluppata da molti, è utilizzata solo per fare giochetti di prestigio per fare colpo al bar. Un sicario che sa già che il proprio destino sarà quello di incontrare se stesso, un giorno, in ginocchio davanti al proprio fucile spianato.
Passato e futuro si incontrano in Looper di Rian Johnson, un sorprendente thrilller “nero” senza eroi che fa un balzo avanti nel tempo e che gioca di continuo con il concetto del “doppio”. Che mette i protagonisti davanti a uno specchio e li costringe a guardare il proprio volto invecchiato e a fare i conti con quello che diventeranno.
Philip Dick, ovviamente, e la letteratura cyber, mischiando un po’ i generi, partendo nella fantascienza per arrivare al western, recuperando elementi di un passato recente per accostarli a un futuro prossimo che ha caratteristiche riconoscibili. Tutto questo si ritrova sparso lungo le due ore di questo film affascinante, in cui si sviluppa anche un gioco di citazioni più o meno scoperto, da Terminator in poi, che rischia però di avvitarsi su se stesso e di ritorcersi contro il regista.
Interessante è però come il film ribalti di continuo i ruoli, come annulli le distanze tra “buoni” e “cattivi”, al punto da trasformare il Joe invecchiato (Bruce Willis) in un eroe negativo, venuto dal futuro per modificare il disegno perverso del destino, ma costretto addirittura a una parte da “novello Erode”, che dà la caccia ai bambini per salvare la donna che ama. Il film gioca tutto su questo ribaltamento e sulla circolarità degli avvenimenti: una catena che solo scelte estreme possono spezzare, per modificare quel futuro che in effetti è già scritto.
Looper è in definitiva un film sul tempo e sulle occasioni che la vita ci offre, sulle scelte che è giusto fare e sulle possibilità che ci lasciamo scappare: come tradire l’unico amico che abbiamo per provare a salvare se stessi o addirittura andare in soccorso del mondo intero modificando con le proprie azioni il presente. Una riflessione sul potere delle decisioni prese a un bivio e sull’effetto salvifico dell’amore: alla fine la sola cosa in grado di modificare le cose. Sul potere di una carezza, il calore di una mano passata tra i capelli, il ricordo del gesto di una madre che, ancora, è l’unica che restituisce la vita.
PRIMA VISIONE - Kansas, 2044. Un universo di città desolate, in cui oltre a scontare le colpe del passato, si pagano in anticipo quelle del futuro. In questa società la macchina per viaggiare nel tempo non è ancora stata inventata, ma trent’anni dopo sì e quindi il tempo a venire ha anche ideato la maniera per seppellire i propri peccati, spedendoli indietro negli anni
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