TELEKOMMANDO

Mentre in altri lidi si consuma il rito più smaccatamente glamour e allo stesso tempo critico, sul bagnasciuga della tv nazionale persevera in una linea editoriale che privilegia la costruzione di un’idea di nazione, fortemente identitaria, fondata sulle biografie dei cosiddetti grandi italiani. Non si va del tutto a scomodare il luogo comune di paese fatto da un popolo di santi poeti e navigatori, ma c’è da prendere atto e coscienza che talvolta il luogo comune torna utile. Anzi può tornare utile in una miniserie in due puntate come è stata quella andata in onda a inizio settimana su raiuno: “Marconi – l’uomo che ha connesso il mondo”. La regia è di Lucio Pellegrini e a vestire i panni dell’inventore - scienziato felsineo, Stefano Accorsi. Per molti versi un connubio perfetto, avendo saputo mettere a frutto il romanzo alla storia e biografia di Marconi, pur scegliendo di mostrare solo l’ultimo anno di vita e affidando a un’ambigua intervistatrice il racconto di sé stesso e di alcuni degli episodi che hanno segnato l’ascesa da giovane e promettente inventore a genio delle comunicazioni. Va detto che l’azione è collocata nel 1937, l’anno che ha smezzato il regime fascista dal grande consenso alle leggi razziali e tutto questo, compreso il rapporto di Marconi con Mussolini e con gerarchi ministri come Bottai, è trattato in modo semplice e lineare. Con tutte le asprezze che tali rapporti potevano avere allora. Al di là delle sottotrame spionistiche, risulta interessantissima e foriera di ciò che deve essere uno scienziato, non solo uno scopritore di mondi, ma che quei mondi devono essere funzionali al benessere di tutti e costruttori di pace. In questo il discorso finale di Marconi sembra tanto superare le barriere stesse del suo media radiofonico e come un web ante litteram si lega al discorso del vagabondo vestito da dittatore nel grande capolavoro di Chaplin.

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