SIAMO SERIAL: Virgin River, una questione di cicatrici

La rubrica del “Cittadino” dedicata alle serie tv

Verrebbe da dire che Virgin River è una questione di cicatrici, quelle sulla pelle e quelle sul cuore. Quelle che ci siamo fatti combattendo una guerra, quelle che ci siamo fatti attraversando il dolore causato dalla morte di una persona che amavamo. E senza la quale siamo convinti di non poter più fare nemmeno un passo. Che siano impresse sul corpo o segnate nell’anima, sempre di cicatrici indelebili si tratta. È seguendo questo sentiero di sofferenza che Mel e Jack s’incontrano, diventando l’ancora di salvezza l’uno dell’altra. Virgin River è come un romanzo rosa e, in effetti, è tratto dai libri scritti da Robyn Carr, una serie tv che però sposa altri generi, creando una sorta di puzzle capace di catturare un vasto pubblico. Una fiction statunitense creata da Sue Tenney, i cui personaggi (tutti quelli chiamati in causa) tentano di rifarsi una vita in questa piccola cittadina immersa nella natura, dove ci si conosce per nome e dove è quasi impossibile tenere un segreto.

Melinda Monroe (Mel) è un’infermiera che lascia Los Angeles per andare a lavorare in California, Virgin River le sembra il posto perfetto dove curarsi le ferite e ripartire da zero. Presto scoprirà che la strada è in salita: difficile lasciarsi alle spalle i ricordi, complicato sentirsi a casa. Mel e Jack hanno un passato con cui è difficile fare i conti, nel loro tentativo di crearsi un futuro s’intravede la differenza tra vivere e lasciarsi vivere.

Piccola curiosità sugli immensi paesaggi che in ogni puntata si meritano suggestive inquadrature, quasi a voler intendere che anche la natura può guarire l’anima: le riprese principali si sono svolte in Columbia Britannica, in Canada.

Si diceva dei generi, giusto qualche riga in su. Virgin River calza a pennello dentro la definizione di serie tv “rosa”, ma è anche un po’ country western senza pistoleri: niente corsa all’oro, i fuorilegge nel mondo contemporaneo sono semmai i narcotrafficanti. È anche un po’ soap opera, con tanto di donne che si ritrovano al bar per fare la maglia, del resto più passano le stagioni più la “liaison” tra Mel e Jack si fa, almeno in alcuni episodi, melensa. Dalla guerra in Iraq ai gossip di provincia è previsto persino un pizzico di giallo che si mischia alla commedia.

Non ci sono colpi di scena e la trama è abbastanza prevedibile, un difetto che Virgin River riesce a farsi perdonare, soprattutto per la sua capacità di raccontare gioie e dolori condivisibili, ma anche per regalare una storia leggera e comunque non banale. (Meglio la prima serie, nella terza si eccede forse un po’ troppo con il romanticismo).

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