SIAMO SERIAL Full Monthy, molto più dramma che commedia

C’è tanta amarezza nella serie che richiama il film degli squattrinati operai di Sheffield che si improvvisarono spogliarellisti

Che fine hanno fatto gli squattrinati operai di Sheffield che si sono improvvisati spogliarellisti? Per saperlo dovete guardare “Full Monthy - La serie”, un dramedy che si rivela molto più dramma che commedia.

Nel 1997, ve lo ricorderete, un gruppo di uomini rimasti senza lavoro a causa della crisi dell’acciaieria aveva deciso di lanciarsi in uno spogliarello dal vivo, tentando il tutto e per tutto. Era evidente che lo “strip” voleva essere un’occasione divertente per parlare di problemi come la disoccupazione e l’emarginazione. Ventisei anni dopo, Gaz (Robert Carlyle) resta il più scapestrato di tutti, adesso ha una figlia adolescente con cui non va d’accordo e un nipote disabile che vorrebbe una sedia a rotelle elettrica ma non se la può permettere perché costa troppo; la coppia Dave-Jean (Mark Addy e Lesley Sharp) ha dovuto affrontare un terribile lutto ed è in crisi; Lomper (Steve Huison) è sposato con Dennis (Paul Clayton), il proprietario di una panetteria dove non mancano i guai; Horse (Paul Barber) è malato e in difficoltà, per lui accedere ai servizi sociali è una battaglia che si scontra con una burocrazia faraonica. È difficile considerare questa serie tv come un vero e proprio sequel, sembra più un racconto che sta in piedi da solo. I suoi creatori, Simon Beaufoy e Alice Nutter, mostrano in modo spietato quanto la “working class” - il proletariato - se la passi ancora male, nonostante siano trascorsi decenni: per i deboli la vita è una battaglia estenuante.

Si tratta di un Full Monthy pieno di amarezza, forse troppa. Un Full Monthy difficile da digerire, con un bambino - bullizzato a scuola e con una madre malata in casa – che fa la spesa al banco alimentare, una preside il cui istituto cade a pezzi ma non ci sono soldi sufficienti per metterci una pezza, pazienti rinchiusi in istituti di salute mentale dove mancano le risorse, gli immigrati e i richiedenti asilo trattati in modo ostile dal resto della gente, disabili che non possono fare nemmeno affidamento sui mezzi pubblici.

Il pregio della serie tv è sicuramente la feroce critica sociale che mette a nudo un sistema totalmente incapace di aiutare i cittadini in difficoltà. Un secondo punto a suo favore è legato agli attori, bravissimi. Il difetto è invece la pesantezza delle puntate: a differenza del film, qui l’umorismo in grado di stemperare anche i momenti più duri non esiste. Senza contare la lentezza di alcuni passaggi che non aiuta lo spettatore.

Se i vecchi, disperati personaggi si lanciavano in uno striptease perché alla fine non avevano nulla da perdere e allora tanto valeva provarle tutte con un briciolo di coraggio e ironia, qui la sensazione è proprio opposta: non c’è risalita dal baratro.

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