
«Siamo di fronte a un mondo che sembra rovesciato rispetto alle speranze di chi imbracciò il mitra nelle colline italiane per scacciare i nazifascisti»
GRAFFIGNANA Incontro con Emanuele Fiano sull’80esimo della Liberazione in programma venerdì 19 settembre, alle 21, presso la sala consiliare: modererà l’incontro Omar Damiani, vice presidente provinciale dell’Anpi
Lodi
Emanuele Fiano, ex deputato del Partito democratico, architetto, terzo e ultimo figlio di Rina Lattes e Nedo Fiano (ebreo deportato ad Auschwitz e unico superstite di tutta la sua famiglia), sarà a Graffignana venerdì 19 settembre. Alle 21, presso la sala consiliare, parlerà dell’80esimo della Liberazione. Modererà l’incontro Omar Damiani, vice presidente provinciale dell’Anpi.
«È un momento molto particolare nel quale fare memoria, il mondo è sconvolto da guerre, a Gaza, Israele, Libano, Yemen e quella che proprio in queste ore si è surriscaldata, tra Russia e Ucraina - spiega Fiano -. La memoria della Liberazione dal nazifascismo assume secondo me un carattere di insegnamento ancora più particolare».
Intanto, annota Fiano «noi siamo grati a coloro che ci hanno liberato, cioè i resistenti, gli antifascisti, i partigiani, insieme all’insostituibile aiuto delle truppe alleate: ci hanno regalato - dice - la repubblica democratica nella quale viviamo e la Costituzione; ci hanno dimostrato che si può sempre dire di no, a costo di sacrifici della vita pesantissimi, ci si può sempre opporre quando l’ingiustizia è così crudele e si può anche insorgere, armi in pugno, contro le dittature. E poi c’è l’insegnamento di quali siano i valori fondamentali a cui non rinunciare mai: la dignità umana, il rispetto dei diritti politici, civili, religiosi di ogni individuo, a prescindere dall’etnia, dal suo credo, dal colore della pelle, dalle sue idee politiche, ovviamente nell’alveo della democrazia».
«Tanti dicono che la democrazia liberale che nasce dalla sconfitta delle dittature del secolo scorso e dalla vittoria di coloro che si opposero sono arrivate al capolinea e che servono democrazie illiberali: lo dice Putin, lo dice Orban e purtroppo ne vediamo esempi in giro per il mondo: le democrazie liberali non funzionano più e siamo circondati da pezzi di storia contemporanea che sembrerebbero dirci proprio questo; la Repubblica francese, che sembrava avere un meccanismo democratico invincibile e stabile, è la Repubblica che in questo momento ha il quinto governo della legislatura, un presidente che non è più amato e folle di persone in piazza che protestano».
«In Germania, come mai avremmo potuto immaginarci prima, c’è un partito che si rifà in alcuni suoi esponenti anche alla storia del nazismo, come Asd, e che fa proposte inaccettabili per l’immigrazione, come la remigrazione, ovvero la deportazione di un milione e mezzo di migranti, ha nei sondaggi un valore che sfiora il primo partito e in alcune zone è già primo partito. In Italia, per fortuna, non siamo in questa situazione, anche se al governo ci sono partiti e una parte di loro molto ostili all’Europa: il vice segretario della Lega poche ore fa ha detto che fra Putin e Zelensky preferisce Putin, cioè l’aggressore, quello che rappresenta un sistema non democratico».
«A Shanghai si sono riunite potenze militari, economiche, mondiali che rappresentano una parte molto significativa della popolazione mondiale, oltre 3 miliardi: se uno guarda la fotografia dei leader di Cina Russia e Corea che rivendicano che non può essere sempre l’Occidente a guidare il mondo (da un punto di vista astratto può essere anche giusto), vede tre persone che guidano sistemi non democratici; nei loro paesi non si possono esprimere tutte le idee, non si può votare per qualsiasi partito si voglia. Siamo di fronte a un mondo che sembra rovesciato rispetto alle speranze di chi imbracciò il mitra nelle colline e nelle campagne italiane per scacciare i nazifascisti. Questa è la sensazione di chi come me è vissuto, in casa e nella propria esperienza politica, nel culto dell’antifascismo».
Per quanto riguarda il conflitto in Medio Oriente e il massacro in corso a Gaza, per Fiano l’unica soluzione è la costruzione di uno stato palestinese a fianco di quello israeliano, altrimenti non se ne esce.
«Intanto bisogna conoscere la storia: nei confronti di Israele, in particolare, si esprimono giudizi e semplificazioni, si permettono generalizzazioni che nei confronti di altri popoli non si fanno. Solo nei confronti di Israele alcuni fanno tutt’uno, non fanno differenza tra governo e opposizione, tra i coloni e quelli che abitano nei territori che l’Onu assegnò ad Israele nel’67. È di poche ore fa un orribile assalto ai turisti ebrei a Venezia. Quando si riconoscono degli israeliani, in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, Germania, si aggrediscono, si estromettono dai bar, dai ristoranti, cosa che non avviene rispetto agli altri regimi. In Iran c’è un regime che quest’anno ha prodotto centinaia di morti nelle carceri, uccidono una donna perché ha una ciocca di capelli che esce dal copricapo, ma non è che qui noi se incrociamo un iraniano, a prescindere da cosa pensi, lo consideriamo complice di quel regime, non esprimiamo nessun tipo di giudizio. La Cina imprigiona nei campi di concentramento un milione di uiguri, soffoca nel sangue la volontà della popolazione di Hong Kong ma noi distinguiamo tra governo e cittadino. A Gaza è in corso una tragedia immane contro la popolazione civile, ma non si possono dimenticare il 7 ottobre, l’organizzazione terroristica che straziò e uccise oltre 1200 persone in Israele, o dimenticare gli ostaggi di Hamas nelle proprie gallerie militari, che chissà se sono ancora vivi, o dimenticare lo statuto di Hamas che prevede la caccia ad ogni ebreo nel mondo. È una storia molto complicata. Questo non vuol dire che io non sia totalmente e fermamente contrario alla guerra in corso, che non vorrei che il governo di Israele si fermasse, cosa che penso dal dicembre 2023, che non si arrivasse a una tregua immediata, portasse cibo e sollievo alla popolazione palestinese e che ci fosse di nuovo la speranza di due popoli in due Stati; quest’ultima cosa può venire tra l’altro solo da un compromesso, fermare l’uso della forza, garantire sicurezza a Israele, chiedere a Israele di abbandonare i territori occupati e interrompere la costruzione di colonie; la mia opinione di fondo è che fino a quando non ci sarà uno stato palestinese a fianco di quello di Israele non ci sarà la pace. Come si arrivi a questo punto difficilissimo non è facile pensarlo. Quello che vedo, oltre allo sdegno e al dolore per quello che sta succedendo, per quello che è successo il 7 ottobre, per la sorte degli ostaggi, per la sorte della popolazione civile a Gaza, è che monta un antisemitismo acuto».
Rispetto al tema del riarmo, per Fiano bisogna ripartire dalla carta costituzionale.
«Credo all’articolo 11 della Costituzione - dice -, non credo che la guerra sia la soluzione dei conflitti e credo nella diplomazia: serve una regia internazionale che non esiste più perché l’Onu non è più, in questo momento, un organismo che decide, che media, imparziale, a partire dal suo funzionamento. Il consiglio di sicurezza del Onu è bloccato dai veti incrociati, da due paesi che si contrastano come Stati Uniti e Russia: siamo in un mondo che vede da un lato gli Stati Uniti con una presidenza che conosciamo e dall’altro un mondo Orientale che non ci sta ad avere un’unica regia nell’impero statunitense: al mondo servirebbe tornare a mediare. La pace va fatta con il nemico, non con l’amico. L’Europa ha bisogno di una politica estera comune, serve una difesa comune, per avere una difesa comune: questo è previsto nell’articolo 11, serve per difendersi; lo statuto della Nato prevede di intervenire in aiuto di un paese attaccato. Venne costituito il Quartetto diplomatico con le Nazioni Unite, gli Stati Uniti, l’Unione europea e la Russia con a capo Tony Blair che ii occupasse della questione israelo- palestinese, non è mai uscito nulla, non una proposta per tradurre un’idea di pace in azione con degli uomini, come avvenne per il Libano del sud nel 2006 dopo la conferenza di pace a Roma tra Israele e Libano. L’assenza degli europei è drammatica, eppure è l’Europa il luogo dove si difendono i diritti umani».
Per Fiano, spendere per il riarmo è lecito, «ma non opinatamente. Il rinnovamento tecnologico e la formazione - dice - sono utili per l’organizzazione di operazioni di peace-keeping: se si hanno mezzi degli anni 90 non si è efficaci. Io sono per il riarmo non finalizzato alla guerra, ma perché l’Europa sia una forza di pace».
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