Si è spenta la voce di Franco Loi, un grande amico del Lodigiano

È morto a 90 anni: è stato uno dei poeti più importanti dal dopoguerra

La prima cosa che colpiva di lui, per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, o anche solo di potergli parlare, era l’incantevole semplicità, il candore – quello che solo i grandi poeti possono permettersi - con cui riusciva a conversare, con la freschezza di una chiacchierata, ma sempre sul confine di una riflessione pronta ad aprirsi alla profondità dei grandi temi della vita umana. Se ne è andato a 90 anni Franco Loi, un poeta che, con Lodi, aveva intrattenuto negli anni un rapporto molto cordiale, nato dall’affinità con alcuni amici lodigiani (Andrea Maietti, Cècu Ferrari, Gino Cervi, Gianmaria Bellocchio) dai quali si era lasciato coinvolgere in diversi momenti significativi della vita culturale della città.

Conosciuto soprattutto per la sua produzione in dialetto (Stròlegh, Teater, L’Angel sono tra le sue raccolte più note), Franco Loi è stato uno dei maggiori poeti contemporanei, insignito dei maggiori premi della critica (il Nonino, il premio Montale) oltre che dell’Ambrogino d’oro del comune di Milano. A Lodi era di casa: è stato ospite di incontri e semonari, ha ricevuto premi e negli anni si è prestato volentieri a occasioni anche molto informali, come gli incontri organizzati da Gino Cassinelli, presidente dell’associazione Nüm del Bürgh.

Tra i ricordi importanti l’amicizia con Cècu Ferrari nata al Teatro alle Vigne, dove Loi aveva assistito a una commedia di Cècu, apprezzandone la capacità di parlare al suo pubblico in modo diretto, senza mediazioni letterarie.

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