Sgarbi porta a Fombio la “trasgressione” del galateo

Sgarbi che dà lezioni di galateo. E se non è una trasgressione questa. Al castello Douglas-Scotti di Fombio per presentare il libro Elogio della trasgressione dell’amico ed ex procuratore della Repubblica di Crema Benito Melchionna, mercoledì sera Vittorio Sgarbi “ha fatto” Vittorio Sgarbi. Arrivato con quasi un’ora di ritardo come da copione, accolto con tutti gli ossequi del caso, dopo i saluti dell’assessore Alessandro Lombardi e l’introduzione di Maurizio Caprara del Lions, seguiti dall’attore Gerardo Placido che ha interpretato un passo dell’Elogio , il critico d’arte, in piedi sul palco, ha preso le mosse da una lectio “magistratis” sulle derive giustizialiste, alias “deliri di potere” di molti magistrati, per poi gettarsi a capofitto nei grandi temi che Melchionna affronta nel libro in dialogo socratico con i giovani de “Il Club degli irriverenti”. E dove l’autore demolisce la retorica dei luoghi comuni, il critico li riduce in cenere. «Chiuso il percorso da procuratore, Melchionna ha deciso di scrivere una serie di riflessioni su quanto ha letto, visto e vissuto come magistrato e come uomo – ha esordito Sgarbi -. Dalla sfera della libertà a quella dell’erotismo l’osservazione è da un punto di vista mai ovvio, mai prevedibile, trasgredendo dalle banalità e dal conformismo attraverso l’uso di un pensiero libero». E allora un calcio alla retorica del “piacere” con cui «il 98 per cento dell’umanità si presenta “sbrigativamente”, mostrando in realtà il proprio totale disinteresse. Al primo incontro ci si deve dedicare tempo: “piacere toglie il piacere”, tutt’altra cosa da “sono molto felice di conoscerti”. Mi piace un libro che inizia con una delle cose che non si devono dire». Sardonico, a tratti divertente, autoironico per meglio riuscire autocelebrativo, nel fluire dello Sgarbi-pensiero c’è spazio per notazioni sul mestiere di vivere e sulla prima grande ingiustizia del non decidere dove si viene al mondo, sull’eros, la prostituzione nella vecchia polemica con don Benzi, le libertà, il capitolo delle mafie che per Melchionna sono «la dimostrazione dell’assenza di uno Stato degno di questo nome». Mentre si mescolano Leopardi e la “natura matrigna” con l’“anarchismo individuale” di Wilde, il Robbie Williams de L’attimo fuggente , Gramsci, Pasolini, Sting. E quel che ne esce è una recensione non recensione. Quando il pubblico è ormai nell’ingranaggio, Sgarbi smette i panni corsari e regala la chiave di lettura più intensa: «Essendo irpino, Melchionna è fondato su un radicamento di valori cristiani fortissimi che pongono per primo il rispetto della persona. Il magistrato cristiano vede l’uomo che ha davanti come il prossimo, il magistrato ateo lo vede come nemico. Non “Homo Homini Lupus”, ma “Homo Homini Deus”». Il finale però lo sceglie sregolato. La trasgressione? «Sono per una difesa sperticata di Maradona. Quando ti dà la felicità di un gol, che importa se è drogato o tutto il resto». Ah, quanto a galateo, se incontrate Sgarbi non chiedetegli: «Come stai?».

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