Sacro e divino nei versi di Dinìn

Pubblico delle grandi occasioni in San Francesco

per la celebrazione straordinaria in onore dell’autrice

lodigiana che ha tenuto alto il nome della città

Capace «di sentire le cose come un riverbero dell’Onnipotente». E di tradurle in «una straordinaria avventura dello spirito che approda ad altrettanto straordinarie architetture del pensiero». L’omaggio della città di Lodi alla poetessa Ada Negri, nella messa di ieri pomeriggio, celebrata sotto le volte di San Francesco, «tempio in cui è sepolta e che ha molto amato in vita, non è solo un ricordo a 70 anni dalla morte. La celebrazione, in cui si è reso «grazie a Dio per averci donato Ada Negri», concelebrata da padre Giovanni Giovenzana e monsignor Giuseppe Cremascoli, è stata anche l’occasione per guardare all’opera della poetessa e scrittrice lodigiana sotto la prospettiva della presenza del sacro e del divino nelle liriche come nelle creazioni in prosa.

Con la partecipazione dell’associazione culturale “Poesia, La vita” - impegnata in operazioni di memoria e conservazione del patrimonio letterario della poetessa lodigiana -, della Fondazione Banca Popolare di Lodi, del Comune, de «il Cittadino», i familiari, gli eredi, gli estimatori, l’omelia di monsignor Cremascoli ha ripercorso gli intrecci di senso ed emozioni con cui la poetessa, fin dalla giovinezza, ha tradotto la sua capacità di scorgere nella natura come nelle opere dell’ingegno dell’uomo la presenza del divino. A partire dalle emozioni «intense provate da bambina, alla celebrazione del Natale nella chiesa del Carmine, in cui Dio per lei esisteva in quei giorni come l’aria - ricorda monsignor Cremascoli - : non semplici fantasie da bambina particolarmente sensibile, ma una straordinaria avventura dello spirito che approda ad una altrettanto straordinaria architettura del pensiero, alla conoscenza di Dio». Al divino «come presenza avvertita e invocata», che si coglie in versi come «Tu mi cammini a fianco, o Signore, orma non lascia in terra il tuo passo. Non vedo te: ma sento e respiro la tua presenza in ogni filo d’erba, in ogni atomo d’aria che mi nutre». E ancora in Pensiero d’autunno, in cui il momento del distacco delle foglie dal ramo, in caduta libera verso la terra, illuminate dall’ultimo raggio di sole, sono l’immagine del trapasso che la stessa Ada Negri si auspica, «penetrata di Te come del sole».

Sensazioni personali del divino che si arricchivano, da instancabile lettrice qual era la poetessa, del pensiero dei grandi, come Sant’Agostino, o che, «poeticamente vissute si nutrivano anche della contemplazione delle opere dell’ingegno umano, come se si trattasse di un unico cerchio spirituale».

Nelle liriche della poetessa lodigiana, si avvicendano «intrecci di innocenza e dolore come accade ogni giorno su tutta la terra» e «limpidi accenti di Dio, anche nell’ora estrema».

Fino alla dicotomia «tra la parola dell’umano e il silenzio del divino («Padre, se mai giunga questa preghiera al tuo silenzio, accoglila») in un misterioso prodigio che si ripete da sempre sulla terra».

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