Ronda infiamma “Lodi al Sole“

È approdata sulle sponde dell’Adda “La sirena del Po” di Daniele Ronda, il cantautore piacentino protagonista del concerto inserito nel cartellone della rassegna “Lodi al Sole”, andato in scena ieri sera in piazza della Vittoria.

Classe 1983, un passato da paroliere a servizio di Nek, Mietta, Massimo Di Cataldo e altri musicisti italiani dei primi anni Duemila, Ronda ha abbandonato da tempo la carriera autorale, per dedicarsi alla musica che, da sempre, gli scorre nelle vene: quel folk sincero, orecchiabile e vivace che ha fatto di lui il giovane erede di Davide Van De Sfroos, anche per via del frequente ricorso al dialetto piacentino.

Uno stile musicale abbracciato a partire dal 2011, anno di pubblicazione del suo primo album (Daparte in folk, 5mila copie vendute e premio Mei come miglior progetto musicale sul dialetto dell’anno), seguito dal recente La sirena del Po, prodotto da Jonny Malavasi per la JM Production.

Ed è proprio da questo nuovo album che Ronda ha scelto di cominciare il concerto di ieri sera, partito con il singolo La me pell e proseguito poi con brani tratti da entrambi i lavori: Cenerentola, Cara, La birra e la musica, Al Pleiboi, Al rolex, più un paio di cover da autori importanti della cancone italiana fra cui Voglio una donna di Roberto Vecchioni, proposta in un originale arrangiamento ska, e Dio è morto di Francesco Guccini, cresciuto come lui “tra la via Emilia e il west” per citare il titolo di unceleberrimo concerto-album. Come in tutte le altre tappe del tour promozionale che, dalla scorsa primavera, sta portando Ronda in giro per l’Italia, con lui sul palco c’erano i musicisti del suo affezionato “Folklub”: Sandro Allario (fisarmonica e pianoforte), Carlo Raviola (basso) e Lorenzo Arese (batteria).

La chitarra, invece, è rimasta appannaggio esclusivo di Ronda che, seduto al centro del palco, ha riscosso sotto forma di applausi il consenso unanime della piazza, inizialmente poco affollata ma riempitasi ben presto oltre l’ultimo posto a sedere. Ascoltandolo suonare, gli spettatori non hanno faticato a comprendere le ragioni per cui, lo scorso 21 luglio, Ronda è stato insignito del prestigioso Premio Lunezia, uno dei più importanti riconoscimenti che un cantautore italiano possa sperare di vincere, attribuito in passato ad artisti di primo livello, uno su tutti Fabrizio De André. «Lo stile di Ronda viene comunemente chiamato «folk» - recitavano le motivazioni del premio - con un termine che può benissimo essere tradotto nel nostro “popolare”, per indicare il fatto che la sua intenzione artistica viene dal posto in cui vive». Ovvero l’Emilia, una terra di enormi distese pianeggianti che tanto assomigliano ai panorami lodigiani e che Ronda tratteggia con spirito festante e innamorato.

Il pubblico di Lodi al Sole ne è rimasto incantato, proprio come se si trovasse al cospetto di una vera sirena. Chi si è lasciato trascinare dal suo canto, tuttavia, non ha corso nessun pericolo di morire annegato; semmai si è concesso il piacere di perdersi tra i flutti di una musica fresca e coinvolgente, dolce all’orecchio e al cuore come le acque del grande fiume.

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