“Ride” Mario Martone, il suo Scarpetta conquista

Tra cinema e palcoscenico: applausi al film del regista napoletano sul commediografo

l teatro, il cinema, l’arte popolare e quella “alta”: Mario Martone è un regista totale, capace di abbracciare tutto questo in una carriera che in trent’anni va dai Teatri Uniti ai successi del grande schermo. In qualche maniera per lui un film sulla figura di Eduardo Scarpetta era quasi un passaggio obbligato: passo compiuto con “Qui rido io”, presentato in concorso alla 78esima Mostra del cinema di Venezia e accolto dagli applausi alla proiezione dedicata ai critici. Qui il regista napoletano racconta un episodio della vita e della carriera di Scarpetta (il processo per plagio per la parodia del “La figlia di Iorio” in cui Scarpetta fu assolto con una sentenza storica sul diritto d’autore) ma in realtà affronta un viaggio complesso e affascinante nel mondo del teatro riscoprendo (lui regista dell’avanguardia napoletana) il più popolare degli autori e riflettendo sulla figura dell’autore e sulla separazione tra commedia e tragedia.

Scarpetta aglio inizi del ’900 era il più popolare e apprezzato autore e interprete di commedie del teatro napoletano: con il personaggio di Felice Sciosciammocca riempiva tutte le sere i teatri e addirittura aveva soppiantato la maschera di Pulcinella. Era ricco, amatissimo dalla gente, patriarca di una famiglia allargata che contava nove figli tra legittimi e non riconosciuti. Martone racconta questo quadro storico seguendo le prove di “Miseria e nobiltà”, descrivendo i pranzi, ricostruendo le messe in scena e le dinamiche di una famiglia di cui facevano parte anche Eduardo, Titina e Peppino De Filippo, figli che non ebbero mai il cognome del padre ma che recitavano nelle sue commedie fin da bambini.

“Qui rido io” è un affresco che cambia scene come si modifica una quinta teatrale, un palco su cui si muovono un pugno di grandi interpreti comandati da Toni Servillo che veste i panni del capocomico e su cui i tempi sono dettati dalla regia di Martone che, come detto, avvicina come nessun altro il teatro al cinema. Un lavoro filologico sulle canzoni tradizionali napoletane e il racconto della vicenda processuale completano il lavoro che si candida a un premio nel concorso di quest’anno. Scarpetta però è solo il “pretesto” scelto da Martone per parlare d’altro: della nobiltà della commedia e della grandezza dei suoi interpreti, innanzitutto, della distinzione tra alto e basso che nell’arte restano sempre concetti difficili da distinguere e che Martone risolve con un dialogo tra Scarpetta e Benedetto Croce che nel processo fu incaricato di redigere la perizia a suo favore. “Qui rido io” è la scritta che il grande autore fece mettere sulla facciata della sua villa napoletana, per prendersi gioco della critica che lo osteggiava e raccogliere l’applauso del popolo che invece lo adorava.

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