Questi “amici miei” la vera beffa la fanno all’originale

Verrebbe voglia di vederli allineati tutti al finestrino di quel treno alla stazione di Firenze, mentre l’altoparlante annuncia “il locale per Empoli”: Panariello, Hendel, Ghini, De Sica e pure Placido e sotto il Melandri, il Sassaroli, il Mascetti, il Perozzi e il Necchi (ma anche Monicelli e Pietro Germi) a prenderli a schiaffi. E saltare e ridere: per vendicarsi.

È solo un sogno ma sarebbe bello se fosse questa la ricompensa, per Neri Parenti e per i suoi attori, per aver rimesso mano ad Amici miei, girando questo “Quando tutto ebbe inizio”, andando a inventarsi degli improbabili avi per il film di Monicelli infilati in un “prequel” che sembra un carrozzone in costume, volgare e sguaiato, ambientato in una Firenze del Cinquecento fatta di cartone.

L’idea (?) è di rimettere caratteristiche e gag di quegli “Amici” in questi e di rivoltare la frittata al pubblico, sperando che questo non se ne accorga: allora ecco Duccio il consigliere annoiato, Cecco l’oste sfaticato, Jacopo il medico, Manfredo il nullafacente e Filippo, nobile decaduto e infedele. Alle prese con doppi sensi e la voglia di far burle. L’intenzione, scoperta, è invece di replicare all’infinito una ricetta consunta come quella del cinepanettone, con risultati a tratti imbarazzanti, da ultime repliche d’avanspettacolo, con maschere tristi e il cerone che cola sul viso. Gli autori non risparmiano nulla, dalla citazione del genio (che è “fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione” ed era un attributo del Necchi) alla supercazzola finale: con il passare dei minuti in sala cresce il terrore che saranno rotti tutti gli argini e verranno profanati e sbeffeggiati proprio tutti i modelli della sceneggiatura originale. Per la banda di Neri Parenti la messa in scena di “nani e ballerine” non è più una metafora e allora giù con una corsa al ribasso a inseguire la scelta più pecoreccia e con la gag del nano senza mutande infilato al posto del neonato nella cesta nella ruota degli esposti. Il risultato è un film di rara volgarità, sciatto e senza un’idea che sia una, senza cattiveria a dispetto delle pretese, aggrappato alla battutaccia e alla gag crassa e spesso vagamente razzista.

Per tenersi in vita e giustificare il titolo si tenta la citazione, dalla distruzione dei paeselli al funerale, ma non ci si accontenta, sconfinando anche altrove: le invettive al Savonarola richiamano all’orecchio quelle di Troisi e Benigni e la gag del legnaiolo a cui viene rubata l’identità è sottratta pari pari al Marchese del Grillo, con Ceccherini nella parte che fu del carbonaio Alberto Sordi (!) Insomma senza freni e senza misura.

Amici miei era un malinconico e amarissimo film sulla morte, e davvero non si sentiva il bisogno di “disonorarlo” in questa maniera. Quello del Mascetti, del Melandri e degli altri era un tragico gioco per fingersi liberi e leggeri ed esorcizzare la paura del trascorrere inesorabile del tempo, questo invece sembra una rincorsa a scavare sul fondo del fondo di un barile dove non c’è più nulla, nemmeno una semplice risata. E la dedica sui titoli di coda a Benvenuti, De Bernardi e Pineli, a sceneggiatori geniali e ormai perduti, fa aumentare il rimpianto e crescere la nostalgia per un altro tipo di cinema, e prende il sapore della richiesta di perdono per evitarsi l’accusa di lesa maestà davanti agli dei del grande schermo. Alla fine l’unico risultato è che questi “amici miei” la vera beffa la fanno all’originale, prendendosi gioco del titolo, degli autori, degli interpreti e pure degli spettatori. Per fortuna che il Perozzi non ha avuto modo di assistervi, gli altri invece chissà, avranno versato lacrime amare, si saranno fatti prendere dalla malinconia improvvisa e struggente, come quando una zingarata arriva al termine, il gioco finisce e non si può più ripetere uguale. Quella, si sa, “nasce quando nasce, e quando non c’è più inutile insistere. Non c’è più.”

PRIMA VISIONE - Verrebbe voglia di vederli allineati tutti al finestrino di quel treno alla stazione di Firenze, mentre l’altoparlante annuncia “il locale per Empoli”...

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