Quella “famiglia perfetta”, ma finta

L’albero, il camino acceso, la tombola, i regali. «Manca giusto il cane». Tutto perfetto, tutto finto però. Così è il Natale a casa di Leone: attorno al tavolo la sua bella famiglia, il fratello, la moglie, i figli e i nipoti, riuniti la mattina della Vigilia. Il quadretto perfetto che tutti sognano, Leone compreso: infatti la sua famiglia è “immaginaria”, finta, formata da attori ingaggiati per l’occasione, per interpretare proprio la parte della “famiglia perfetta” che Leone non ha.

Insomma c’è Fortunato (Marco Giallini) arrivato con la moglie Sole (Carolina Crescentini) per passare le feste nel bel casale di campagna, con il fratello (Sergio Castellitto) e con la moglie Carmen (Claudia Gerini), ci sono i loro figli e pure la nonna Rosa (Ilaria Occhini). Tutti premurosi, tutti gentili. Troppo gentili in fondo, anche per il Natale. E si scopre presto qual è la nota stonata che sembrava di sentire in sottofondo sin dal principio: la famiglia è finta e tutti sono figuranti assoldati da Leone per trascorrere la giornata di festa creando questa falsa armonia. Il padrone di casa ha architettato la farsa e la tiene in piedi semplicemente per regalarsi una giornata di pausa dalla solitudine, anche se a tratti rivela un profilo di perfidia che lascia intuire un proposito più complesso e oscuro.

Paolo Genovese, che fin qui al cinema aveva scelto e diretto un certo tipo di commedia (“Immaturi”), cerca di fare un passo avanti con “Una famiglia perfetta”, e giocando tra il registro comico e quello della farsa, dirige un film “natalizio” anomalo e a tratti curioso. Interessante è il tentativo di “violare” un territorio sacro – anche dal punto di vista cinematografico - come quello del desco natalizio per parlare di realtà e di finzione, per mettere in discussione certe false rappresentazioni e a nudo trucchi e sotterfugi che sembrano aver inquinato anche i valori più tradizionali. Certo non siamo davanti alla perfidia di “Festen”, né all’inarrivabile gioco delle parti dei “fantasmi” di De Filippo, ma nel film di Genovese si coglie il tentativo di specchiarsi in questi modelli.

Non sappiamo perché Leone abbia organizzato questa “commedia”, né quanto gli attori siano coinvolti, il regista però pare suggerire che la finzione a cui stiamo assistendo in realtà sia in tutte le case, ovunque ogni volta che si accende la televisione o si apparecchia una tavola, o si abbozza un sorriso ipocrita davanti a un ospite non gradito. Finge il padrone di casa e fingono gli attori che non sanno ancora quale sarà il prezzo da pagare e fino a dove dovranno spingersi, in cambio del compenso pattuito.

Intelligente e non banale il tentativo di Genovese anche se il regista non ha il coraggio di proseguire sul registro più impegnativo e a un certo punto lascia che la bilancia penda decisamente dalla parte della commedia. Si ride amaro e poco più insomma e non si arriva mai a provare l’urticante sensazione o il disagio che sarebbe naturale sentire. Ci si interroga su verità e finzione, la notte di Natale, ma presto ci si rende conto che non è questo il contesto per andare oltre. Allora ci si consola con la maschera di Marco Giallini, lui davvero in grado di alternare il registro comico a quello tragico. Ma è solo un lampo, poi torna il sorriso.

PRIMA VISIONE - L’albero, il camino acceso, la tombola, i regali. «Manca giusto il cane». Tutto perfetto, tutto finto però. Così è il Natale a casa di Leone...

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