Quando l’editoria è fine artigianato

Al Museo della stampa una rassegna su Casiraghy

Tra gli ultimi a entrare con una poesia nella casa-laboratorio di Alberto Casiraghy a Osnago, per stampare in giornata un’edizione Pulcinoelefante, è stato il mese scorso Gillo Dorfles con i suoi quasi 102 anni di pittura e critica d’arte. Il suo nome si aggiunge, nel catalogo di quasi 8.500 titoli componenti la produzione dell’editore-stampatore brianzolo, ad alcuni dei più rappresentativi della nostra cultura come Fernanda Pivano e Sebastiano Vassalli, Bruno Munari, Alda Merini, Pietro Ingrao, Emilio Isgrò, Vivian Lamarque e Ottiero Ottieri. Da venerdì i loro raffinati libretti che realizzano, nel dialogo di poche pagine tra testo e immagine, inventive combinazioni di poesia e arte in edizioni molto limitate, modernissime nella classicità del gusto, sono esposti al Museo della stampa e stampa d’arte di Lodi nella mostra Cibo, poesia e arte nelle edizioni Pulcinoelefante. Più di 80 piccoli libri degli anni recenti, per la concretizzazione lodigiana di un’idea del curatore, il libraio antiquario milanese Andrea Tomasetig, che interpreta con un ciclo di mostre il tema del cibo dell’Expo. Condivisibile la sua osservazione sulla perfetta simbiosi creatasi a Lodi tra i libri-contenuto e la ricchezza suggestiva del museo-contenitore, percorso nell’inaugurazione di venerdì dal pubblico numeroso, presente l’assessore Mariano Peviani della Provincia di Lodi che ha reso fattibile la manifestazione sostenuta da UniCredit. I libri, “formiche” secondo Emilio Isgrò o “farfalle” come li definisce Casiraghy, al quale sono bastati pacati tocchi di vena affabulatoria per mettere a fuoco la talentuosa personalità e l’“esperienza antropologica” apprezzata da esigenti cultori dell’editoria, sono esposti in teche secondo modi che consentono di entrare “dentro la loro anima”. A metà strada tra poesia e aforisma, le parole di Dorfles, Il potere del colore tornerà, hanno come opera d’arte di accompagnamento una bustina di colore puro, con la significatività di un semplice filo rosso che fuoriesce dalla copertina, nella sezione dedicata alla tipografia comprendente tra gli altri il volumetto di Ugo Maffi e un omaggio di Tino Gipponi e Teodoro Cotugno al Columbian, il torchio del 1750 vanto del museo. Ma prima, lungo il percorso che inizia con la sezione Cibo per la mente fatto anche di libri-oggetto di ricordo munariano, e prosegue presentando gli Amici scrittori e artisti, si incontra il ‘Nem in dialetto brianzolo dedicato all’uccisione del maiale, con la rabbia espressionista dell’animale nelle parole di Casiraghy, spesso editore di se stesso, e l’immagine xilografica che pare schizzata di sangue; oppure I pensieri dell’aragosta; o ancora, l’ Hommage a Beuys con la carta imbevuta dell’olio che fu tra gli elementi del linguaggio dell’artista tedesco. Fino alla glorificazione del gorgonzola o della raspadüra, “leggera e vagante” come nei versi di Saba dedicati alla figlia, con una bustina di scaglie di carta recanti impressi a secco le lettere componenti il nome del formaggio lodigiano.

Marina Arensi

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