Quando Dalla venne a Lodi

È morto in Svizzera Lucio Dalla. Il cantante, che doveva iniziare un tour, è stato stroncato da un infarto. Il 4 marzo avrebbe compiuto 69 anni. Ecco di seguito l’articolo a firma di Arrigo Boccalari che il nostro giornale dedicò a Dalla quando l’artista bolognese venne a Lodi per presentare il suo libro nel febbraio del 2009.

Infila sorridente il portone d’ingresso della Provincia, sorride, stringe tante mani, saluta con dei semplici «ciao» e si dirige nella stanza dei settore sistemi turistici dove avverrà l’incontro con la stampa. Passa davanti alla grande fotografia di piazza della Vittoria e si ferma: «Ecco la cattedrale, me la ricordo, a Lodi ho tenuto un concerto, più di trent’anni fa credo, e allora andai a cercare la sua anima medievale».

Lucio Dalla, cantautore, scrittore, regista teatrale, musicista di jazz, figura estremamente poliedrica nel panorama culturale italiano è arrivato nel tardo pomeriggio di ieri a Lodi per un incontro-conversazione sul progetto Gli occhi di Lucio, un libro più cd più dvd realizzato con il suo giovane collaboratore Marco Alemanno, che ha anche prodotto la sua più recente fatica discografica e che lo accompagna in questo giro in varie località della penisola.

Prima di concedersi al pubblico Dalla ha incontrato la stampa locale, alla presenza dell’assessore provinciale Mauro Soldati e dei responsabili del settore sistemi turistici di palazzo San Cristoforo, una chiacchierata durante la quale il musicista bolognese ha raccontato un pezzo di sé, partendo dalla provincia, un luogo che per lui è stato un punto di partenza e che talvolta oggi rappresenta un approdo alla fine dei lunghi tour in giro per il mondo. «Il mio rapporto con la provincia è stato totale e formativo - spiega Lucio Dalla -. Quando ho cominciato la mia carriera artistica alcuni valori che ho acquisito vivendo nella mia città, che mi sembrava enorme ma non lo è affatto, hanno contribuito a formare il mio sistema culturale».

Giovanissimo, Lucio Dalla tenta la fortuna come musicista jazz nella Capitale, dunque fin dall’adolescenza è abituato ai ritmi e alle “lusinghe” delle metropoli: «Pur avendo vissuto a Roma - continua Dalla - ho sempre preferito la provincia, dove ho vissuto esperienze più intense e dove la gente dichiara le proprie passioni». E poi ritorna a quel concerto di trent’anni fa (era esattamente il 1979): «Allora il nome “Lodi” mi faceva pensare a un’enclave medievale - ricorda - e in questa città mi sono trovato benissimo, ho fatto delle scoperte e io mi trovo sempre bene nei luoghi dove scopro le cose che non conoscevo. A proposito, chi è Fanfulla?» chiede divertito.

Una vita frenetica, quella di Lucio Dalla: da Milano a Lodi, oggi a Torino e poi due mesi a Bologna, per scrivere il disco di inediti che sarà pubblicato alla fine del 2009 e nel frattempo un volo negli States, per la colonna sonora del primo film da regista di Mickey Rourke. Un’esistenza da nomade, con il cuore in provincia, ma soprattutto al Sud, dove Lucio ha vissuto parte della propria infanzia: «Le mie origini sono “nordiste” - scherza l’autore di Piazza grande - ma il Sud è il mio luogo ideale. Ho case in Puglia e in Sicilia e le mie canzoni “storiche” sono nate proprio là». Già, le canzoni, inevitabile parlarne, sebbene Lucio Dalla si consideri più un curioso e uno sperimentatore della comunicazione che un cantante di musica leggera. «Facevo il cantante snobbando i cantanti. Non mi piaceva la musica leggera» scrive nel suo libro ricordando i suoi esordi nel mondo del pop: «E le cose non sono cambiate in quasi quarant’anni - sottolinea -. la mia musica è stata “leggera” fino a un certo punto, oggi che faccio cose differenti, che sperimento linguaggi diversi, mi sento relativamente coinvolto in questo fenomeno di “leggerezza”».

Un periodo difficile, dunque, per i giovani interessati ad affrontare una carriera artistica, in un panorama musicale, aggiunge il cantautore «dove le major la fanno da padrone e dove c’è meno spazio per la creatività. Quando ho incominciato io era diverso, tante cose non erano state ancora dette, c’era una discografia intelligente. Quella di oggi è molto meno impegnata, la qualità del prodotto si è ridotta, così come si sono ridotte le potenzialità che permettevano di entrare nell’immaginario della gente».

E allora non c’è più speranza? «Se dovessi dare un consiglio a un giovane che inizi la carriera artistica o che si appresti a incominciare un qualsiasi tipo di lavoro o di impegno - riflette Lucio Dalla - gli suggerirei non di andare contro le regole, ma di dare il meglio di sé cercando di farne a meno. Gli direi di improvvisare, di non essere subalterno nell’anima, se è necessario esserlo nel ruolo, di dare di più, come persona, come individuo, come fenomeno di convinzione rispetto a una media che è assai poco convinta».

Lucio termina la sua chiacchierata, firma copie del suo cofanetto imitato da Marco Alemanno e si dirige verso la sala dei Comuni della Provincia, dove tanta gente è arrivata per salutarlo, nonostante la neve, malgrado il maltempo e lui si siede, sorridente e intona Futura: l’uomo della sperimentazione, il regista, lo scrittore, l’autore di colonne sonore, il musicista jazz, torna alla canzone, la regala alla gente, così come si regala al suo pubblico con sincerità: «Devo per forza credere in ciò che faccio e scrivo - ha dichiarato in un recente intervista televisiva -, cerco di essere al servizio delle persone, ho una coscienza e cerco di non fare sciocchezze e di evitare furbizie». L’etica dell’artista secondo Lucio Dalla, uno che ha occhi per guardare il mondo e una testa per pensare, e attraverso “gli occhi di Lucio” la realtà sembra persino meno difficile da interpretare.

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