Pioniere del giornalismo, la voce forte elle donne nel solco di Matilde Serao

STASERA Al Teatrino alle ore 21 del 10 giugno, l’incontro con Valeria Palumbo

“La voce delle donne. Pioniere e ispiratrici del giornalismo italiano”. Valeria Palumbo, giornalista, (caporedattrice di «Oggi», collabora con il «Corriere della sera») storica delle donne e docente a contratto della Statale di Milano, presenterà oggi, alle 21, nel teatrino Giannetta Musitelli di via Gorini 62, il suo ultimo libro (edito da Laterza) che è un viaggio affascinante all’interno delle storie di coloro che hanno dato un contributo importante al giornalismo.

Valeria Palumbo, nell’incontro promosso da Lodi Arcobaleno, Rumorosse e libreria Sommaruga, sarà intervistata da Cristina Mandrini. «Le giornaliste - spiega Valeria Palumbo che ha sempre messo al centro della sua ricerca le donne ribelli - hanno dato voce a se stesse, ma anche a una serie di temi che erano stati ignorati totalmente da una narrazione che si voleva universale e invece era strettamente maschile». Il punto è proprio questo, ribaltare una narrazione che si è detta relativa a tutta l’umanità e che ancora oggi è una narrazione di parte. Un esempio? «Ancora oggi i telegiornali della Rai parlano di calcio maschile (poi, dato che per loro sfortuna nello sci vincono le donne e anche nel tennis si affacciano le donne, devono per forza parlare di donne): quest’anno non ho mai sentito una volta sola parlare di calcio femminile. La funzione delle giornaliste è anche quella di rivendicare gli spazi che sono ristretti: purtroppo non raggiungeremo la parità prima della morte del giornalismo di carta stampata». La speranza della professionista è che, così «come negli anni 80 l’arrivo delle Tv private ha permesso alle donne di entrare in massa nelle tv e accelerare il processo di raggiungimento dei vertici» con la trasformazione del giornalismo si aprano degli spazi inediti.

«Anche quando alla fine degli anni 80 nella stampa è arrivata l’ondata delle donne - dice -, i vertici e gli editori sono rimasti maschili. Questo è il problema. I due maggiori quotidiani nazionali, per esempio, Repubblica e Corriere, non hanno mai avuto una direttrice donna, sono arrivate le vice direttrici, ma la direzione è ancora inattaccata, e lo stesso vale per gli editori. In realtà abbiamo un esempio pazzesco che è quello di Matilde Serao: la situazione dal punto di vista legale gli giocava contro: c’era la tutela militare e non poteva fondare un giornale, invece lei questo ha fatto; è stata direttrice e ha rotto tutti i tabù della società patriarcale tardo ottocentesca».

Le giornaliste pioniere hanno aggirato tutti gli ostacoli legali messi come dei picchetti dagli uomini per impedire loro di alzare la voce. «Un’altra caratteristica della cultura patriarcale - continua - è stata quella di relegare le donne al dilettantismo e riservare agli uomini le professioni: loro erano i professori, loro erano i giudici, i giornalisti, i direttori. Io sono cresciuta in una società in cui i direttori erano maschi, anche nella bocciofila. L’allargamento delle lettrici ha imposto temi diversi come quello della violenza di genere: era totalmente ignorata e trattata prima in modo superficiale, pericoloso e dannoso; è stato solo grazie alle donne che si è potuto parlare di femminicidi e capire che le violenze non sono il gesto di un pazzo, ma l’espressione più becera di una violenza di sistema. Sono entrati temi come la vita quotidiana o la maternità. Oltre ai temi le donne hanno portato anche altri punti di vista: un esempio è la guerra; gli uomini avevano una narrazione retorica dell’eroe che lancia le pietre oltre l’ostacolo, le donne hanno raccontato che nelle trincee si moriva di cancrena, tifo, colera in mezzo al fango, che non c’era nulla di eroico in quei milioni di ragazzi di vent’anni buttati nel fango e che non stavano facendo nulla che valesse la pena se non perdere assurdamente la loro vita per interessi che non erano i loro. Il contributo delle donne sui fronti di guerra è ancora oggi essenziale per cambiare la narrazione. Quella maschile continua ad essere una narrazione testoteronica e muscolare; si è visto con l’Ucraina: le donne fuggivano con i bambini e gli uomini resistevano al fronte». I vertici maschili non scelgono le donne e non si fidano della loro capacità di innovazione. Ora per le donne, dice Palumbo, «è venuto il momento di dare una spallata e diventare imprenditrici dell’informazione: è chi investe che decide dove andranno le risorse. La battaglia non è ancora finita - conclude la giornalista -, non c’è uguaglianza dal punto di vista salariale; le aziende editoriali per esempio non hanno ancora un bilancio di genere, questo è grave, è fondamentale averlo; nelle aziende va verificato se ci sono pari opportunità e parità di salario. Nessun giornale può dare consigli agli altri sulla parità di genere se al suo interno non l’ha stabilita».

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