Per Olmi il festival si alza in piedi

La Mostra si alza in piedi per applaudire Ermanno Olmi, grande maestro del cinema europeo, venuto con tutta la sua riservatezza a rendere lustro per un giorno al nostro Paese. Al Festival (che già gli ha tributato in passato un Leone alla carriera, dopo quello d’Oro per La leggenda del santo bevitore) ha portato Il villaggio di cartone, un bellissimo e lucido film sull’accoglienza che insegna molto a tutti, pubblico e registi, presenti in questi giorni alla rassegna. Un’opera carica di simboli e di riferimenti all’attualità che affronta l’argomento con uno sguardo assai lontano dalla “marmellata” indifferenziata e televisiva a cui ci stiamo abituando.

«Il film è chiaramente un apologo, non ho scelto un percorso realistico, quindi sullo schermo ogni presenza è simbolica e ha ovviamente un significato preciso. Il prete, il medico che lo incontra, gli stranieri integrati e anche il “terrorista”, l’immigrato che porta le bombe, tutti servono a rappresentare un qualcosa».

La scelta delle bombe in una scena può sembrare forzata…«Mi serviva per dire che tra i migranti non ci sono solo santi. Che questo fenomeno è una perfetta rappresentazione dell’umanità, con persone che arrivano con buone intenzioni e altre che ne portano di cattive».

Il film torna su argomenti a lei cari, già affrontati con grande lucidità in pellicole precedenti…«La storia dell’uomo è sempre uguale, sempre la stessa. È la storia della lotta tra il bene e il male che si ripete e che conosciamo dall’alba dei tempi: viene vissuta in maniera differente a seconda delle epoche, ma è sempre la storia che nasce dalla vita e dalla morte che si confrontano. Io continuerò ad affermare le mie convinzioni, a urlare il mio pensiero, e credo che se ci decidessimo ad appianare i contrasti e le differenze, allora molti dei nostri problemi sarebbero risolti».

La chiesa sconsacrata che accoglie gli immigrati che significato hai? Dice ad esempio che nella realtà non accade?«La simbologia anche qui è chiara: voglio dire che più noi (la Chiesa, quindi, ma anche noi uomini tutti, la cultura…) ci liberiamo degli orpelli e più siamo in contatto con la vera essenza delle cose. Come facciamo a entrare in contatto con gli altri uomini, come facciamo a fare accoglienza, se siamo uomini “di cartone”, se viviamo in un “villaggio di cartone”? La chiesa è una casa, deve tornare a essere una casa, e se non apriamo le sue porte non possiamo entrare in contatto con gli altri esseri umani. Facciamo attenzione perché gli orpelli culturali sono i più pericolosi, i più subdoli di tutti. Confondono la realtà delle cose, spostano lo sguardo dalla verità».

I suoi film recenti, diretti da fedele convinto, non sono stati teneri con la Chiesa cattolica…«Suggerirei ai cattolici, e lo dico appunto da cattolico convinto, di ricordarsi talvolta di essere anche cristiani. Sono due cose diverse…».

Il suo prete ancora una volta, come in altri suoi film, è tormentato dai dubbi.«Io credo una cosa, che la vera fede esiste quando il peso dei nostri dubbi è superiore a quello delle nostre convinzioni. Per essere uomini di fede, di cultura, bisogna avere un muro di dubbi davanti. È troppo comodo affidarsi all’ideologia, ai simboli, non bisogna delegare mai, ma impegnarsi in prima persona. Spesso ci chiediamo come mai Dio è distante, non risponde alle nostre invocazioni: sapete perché succede? Perché a quelle domande dobbiamo rispondere noi, senza delegare».

Non c’è il rischio di semplificare la Chiesa e ridurla solo a una “religione dell’accoglienza”?«Ma io mi chiedo, e vi chiedo: cosa c’è di più importante dell’accoglienza? La presenza dei simboli? È troppo semplice affermare il valore dei simboli e venerarli, questi per avere valore devono essere ricondotti a una realtà in carne e ossa. Tutti ci genuflettiamo davanti a dei simulacri di cartone, ma dovremmo inginocchiarci davanti a chi soffre. Gesù Cristo ha sofferto, ha pagato per noi, averlo reso uomo è uno dei significati più alti della nostra religione, e noi oggi dovremmo inginocchiarci davanti agli ultimi che pagano per noi: solo in questo modo io credo si possa lodare veramente il Signore». E questo, alla fine, racconta questo bellissimo film.

SPECIALE VENEZIA - La Mostra del cinema di Venezia si alza in piedi per applaudire Ermanno Olmi, grande maestro del cinema europeo

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