Muore a 84 anni Eco,

il mondo lo omaggia

Addio a Umberto Eco. Se n’è andato all’improvviso la notte fra venerdì e sabato, nella sua abitazione, uno dei più grandi intellettuali italiani: semiologo, filosofo, romanziere, giornalista, polemista acuto e tanto altro. Aveva appena compiuto 84 anni e si accingeva a lanciare, con Elisabetta Sgarbi e altri amici fuoriusciti da Bompiani contro l’operazione di acquisto del gruppo Rcs da parte di Mondadori, una nuova casa editrice: La nave di Teseo. Aveva appena consegnato le bozze del suo nuovo libro, dal titolo di forte derivazione dantesca: Pape Satàn Aleppe.

La morte di Eco, annunciata nella mattinata di sabato dalla famiglia, è sulle prime pagine dei giornali di mezzo mondo. Nel dare la notizia, «Le Monde» dedica tra l’altro una lunga cronaca al «successo inatteso de Il nome della Rosa, raccontando la genesi del capolavoro dell’intellettuale italiano e l’accoglienza trionfale che fu riservata al complesso romanzo sul Medioevo. Il «Guardian» ricorda un passaggio di un’intervista concessa proprio al quotidiano britannico: «Non so cosa si attenda il lettore», osservava Eco. «Penso che Barbara Cartland (la popolare scrittrice britannica di romanzi rosa; ndr) sappia cosa si attendono i lettori. Penso che un autore dovrebbe scrivere quel che i lettori non si aspettano. Il problema non è chiedere di cosa hanno bisogno, ma cambiarli... Produrre il tipo di lettore che desideri per ciascuna storia». Grande risalto sulla stampa spagnola, molto legata all’intellettuale che - come scrive «El Mundo» - «criticò la manipolazione e la corruzione». «El Pais» lo definisce «l’umanista totale, la cui opera ha «esercitato un’enorme influenza dalla curiosità critica». In Germania, «Die Welt» coglie l’occasione del decesso per raccontare la sua ultima fatica letteraria, Anno Zero, come un corso base sulla teoria del complotto e la manipolazione delle notizie. Per T-Online quel «cantastorie talentuoso» è stato «un eccezionale esempio di intellettuale europeo». Prima pagina anche sul «New York Times», che ricorda l’intellettuale appassionato di semiotica, capace di «interpretare la culture attraverso i segni e i simboli, parole, icone religiose, striscioni, abiti, spartiti musicali, persino cartoni animati». Il quotidiano newyorkese ricorda anche le critiche di Salman Rushdie a Il pendolo di Foucault «privo di senso dell’umorismo, di carattere»; e narra anche come reagì lo scrittore italiano: comparso al fianco di Rushdie in un convegno letterario a New York, nel 2008, scelse di leggere ironicamente proprio un passo de Il pendolo di Foucault.

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