Mostra del cinema di Venezia, la denuncia di Panahi e Chiara secondo Nicchiarelli

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Il cinema necessario di Jafar Panahi. Arriva in chiusura della Mostra 2022, e in contumacia, “Gli orsi non esistono” il film del regista iraniano incarcerato nel suo Paese per aver partecipato alle manifestazioni di protesta contro l’arresto dei colleghi Rasoulof e Aleahmad; e irrompe con il suo carico emotivo e di stretta attualità che scuote la platea (chissà se farà altrettanto con la giuria). Un regista è impegnato nella realizzazione di un film mentre si trova in un villaggio ai confini con la Turchia e la sua troupe gira a Teheran. Intanto due storie d’amore parallele e tormentate si intrecciano, una fotografia proibita fa scatenare la reazione nel villaggio, dove la polizia punta la sua attenzione sul regista che inizia a essere considerato sospetto e sgradito. Panahi (non è la prima volta) si mette in gioco in prima persona, è lui a interpretare la parte del regista per rendere ancora più chiaro il suo atto d’accusa e per ribadire il compito e le responsabilità di chi deve raccontare.
È un ritorno in Concorso a Venezia anche quello di Susanna Nicchiarelli che con “Chiara” sembra completare una sorta di trilogia al femminile, dopo “Nico” e “Miss Marx”. Tre storie a distanze siderali, nei tempi e non solo, che comunque restituiscono una visione unica (con infiniti riflessi) sulla donna. La 18enne Chiara del titolo è quella che in una notte del 1211 scappa di casa per unirsi a Francesco e ai primi che con lui fonderanno l’ordine. Lo sguardo si sposta dunque sulla giovane che diventerà santa, ne racconta l’evoluzione, la convinzione spirituale, la fede, la determinazione a costruire un ordine simile a quello di Francesco ma indipendente.

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