Mauri, i ricordi di chi l’ha conosciuto

Giuliano Mauri quarant’anni dopo, nel ricordo degli artisti. Quelli come Mauro Staccioli, Umberto Mariani, Giorgio Albertini e Rino Sernaglia, protagonisti dei decenni del cambiamento nella Milano crocevia internazionale di innovazioni e provocazioni, dell’arte che indaga se stessa e dell’adesione alle istanze culturali del post Sessantotto. Sono oggi tutti nell’orbita degli ottant’anni quelli che con lui, e tante sono le assenze, condivisero le prime vicende espositive alla galleria “Il Gelso” di Lodi all’inizio degli anni Settanta. Nello spazio di via Marsala il trentacinquenne Mauri si fece conoscere nella discussa mostra del 1973, con le tele bianche trasformate nelle “lenzuola” (le definiva Stracci in galleria) della personale di due anni dopo che oggi sono le opere più datate all’interno dell’antologia Architetture dell’immaginario aperta in questi giorni alla chiesa di San Cristoforo (la prima dedicata dalla città all’autore delle Cattedrali vegetali che ne hanno portato il nome oltre confine). Quando presenta le “lenzuola” con le immagini di denuncia sociale affioranti da un lavoro all’aerografo, e alle quali dedica parole di meraviglia Dario Fo quando nel ‘76 sventolano sul piazzale milanese della Palazzina Liberty, Mauri ha già avviato anche la poetica dell’Art in nature, teorizzata in Italia da Vittorio Fagone. Come l’abbia sviluppata lo svela la mostra che ha raggiunto in meno di due mesi di apertura la soglia dei 2.500 visitatori, provenienti da tutt’Italia, con un’affluenza media di 200 persone nei fine settimana e una serie di prenotazioni per il prossimo mese di settembre. Raggiungiamo Rino Sernaglia, figura storica dell’ambiente di Brera classe 1936, nello studio milanese di corso Garibaldi dove è maturato il suo astrattismo geometrico fondato sulla luce. Simbolo di purificazione, poi “della scienza” e infine elemento cosmico, la luce di Sernaglia dipinta sulle tele fu esposta a Lodi più volte. Quando gli chiediamo del giovane Giuliano Mauri e di come la sua opera fu recepita dagli artisti che guardavano al futuro dalle sale della galleria di Bellinzoni, la risposta è memore delle conversazioni con il lodigiano e della sua “profondità spirituale”. «Lasciava presagire un futuro da grande artista. Nonostante la sua sfida poggiasse su ricerche già circolanti in ambito europeo» afferma Sernaglia, attualmente protagonista di un’importante personale allo studio R.G. di Sacile guidato da Giovanni Granzotto, storico direttore di case d’asta, «io lo considero tra i personaggi storicamente importanti dell’arte del Novecento». La sua risposta non si discosta da quella degli altri intervistati. Abbiamo un bell’assicurare che cerchiamo opinioni anche non favorevoli al lavoro di Mauri, incluse critiche o perplessità quantomeno iniziali sulla sua ricerca. La voce degli artisti che hanno accompagnato fino ai nostri giorni quei decenni formidabili, si ripete unanime. E da tutti trapela un convincimento difficilmente ascrivibile alla storicizzazione che ha in seguito raggiunto la ricerca di Mauri. «Semmai - a parlare è questa volta Umberto Mariani, anche lui settantanovenne, reduce dall’incontro con il fabbro in vista della realizzazione di un ambiente di 200 metri quadrati a Prato, al Museo di Pittura Murale del Chiostro di San Domenico in occasione del prossimo Festival del Teatro Metastasio - ho considerato sorprendente, addirittura scandaloso, che avesse lavorato per anni con le “architetture” ottenendo in Italia pochi esiti, a fronte del successo immediato di tanti artisti più marginali della land art. Avrebbe dovuto essere molto prima un autore di spicco nazionale». La figura di Mauri emerge nel fare riservato, nella presenza attenta in galleria dove i “panneggi” dipinti avevano impersonato la fase centrale della ricerca dell’astrattista milanese. Anche per l’ottantacinquenne Giorgio Albertini resta viva, e ammirata nella sua evoluzione, la conoscenza dell’indagine avviata dall’artista lodigiano al tempo in cui Albertini documentò al Gelso il confronto con la fotografia in immagini di ironica oggettività, o il folclore inglese e americano con i manifesti lacerati. «Noi facevamo allora il realismo - racconta - per questo ho stimato da subito il suo coraggio innovativo». Resta la testimonianza di Mauro Staccioli alla quale, per il rapporto da lui avuto con Mauri, spetta il primo posto. Recentissimo il record raggiunto da una scultura del settantottenne volterrano, una Ellisse in acciaio del 2008 battuta all’asta del Dorotheum per 204.300 euro. Tra i massimi autori contemporanei italiani nell’ambito della scultura-intervento in dialogo con l’ambiente urbano o naturale, Staccioli vive passo dopo passo l’avventura di Mauri a partire dagli anni Sessanta trascorsi a Lodi, dove fu protagonista di varie personali. Parla di «un lavoro attivo pieno di passione» per il percorso iniziale dell’amico, «un giovane che aveva capito cosa doveva o non doveva fare. Aveva un rapporto molto forte con la cultura visiva, che infarinava di forme politiche attive». Rivive il tempo delle frequentazioni milanesi, dei contatti con artisti, uno per tutti Gian Giacomo Spadari, propositivi di soluzioni che poi Giuliano aveva saputo forgiare; dell’incontro con Pierre Restany allora giovane critico fondatore del Nuoveau Realisme, che aveva scoperto il lavoro di Mauri. Ci furono dunque quelle circostanze, legami, idee e tempo storico che, come spesso accade in arte, spalancano la strada se allineati nel momento giusto? La conferma di Staccioli si anima dello sguardo sul passato rievocando il “tandem” creatosi tra lui e Mauri attraverso don Luciano Quartieri e «dominato da aspetti emotivi di convivenza con il fare e, da parte mia, di valutazione attiva. Sono stato agli inizi per Giuliano una specie di “suggeritore”, mettevo i puntini sulle i credendo nel suo valore». «Non l’ho più sentito - e c’è rammarico nella voce di Staccioli - dal momento in cui è passato in una storia triste». Quella che, per Mauri, si è conclusa il 29 maggio 2009.

La storia Le voci di Mauro Staccioli, Umberto Mariani, Giorgio Albertini e Rino Sernagliaricostruiscono la carriera dell’artista celebrato dalla mostra in S. Cristoforo .

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