Manni legge Dante: così la cultura vince la sfida di Ferragosto

Un successo anche l’appuntamento conclusivo con le letture della Divina Commedia

Dante a Ferragosto, a Lodi: una sfida dall’esito non scontato. Mino Manni, con il suo reading sul Paradiso dantesco (domenica sera nel chiostro di San Domenico, per la rassegna Lodi al sole), l’ha superata brillantemente, coinvolgendo ed emozionando il pubblico con l’ultima tappa del suo “Viaggio dell’anima”, che in tre appuntamenti ha condotto gli spettatori dall’abisso dell’Inferno alla luce del Paradiso, attraverso la faticosa scalata del monte del Purgatorio.

L’ascesa di Dante verso l’Empireo, sede di Dio e dei beati, è la cantica più ardua da rappresentare su un palcoscenico, perché le componenti essenziali del testo dantesco sono la luce e l’armonia della musica celeste, entrambi elementi immateriali. Ma l’attore riesce innanzitutto – insieme a Marta Rebecca/Beatrice, anche protagonista di interventi cantati - a regalare concretezza a personaggi e situazioni caratterizzandoli con efficacia e credibilità psicologica. Inoltre, con l’aiuto della musica che collabora strettamente con la voce (bello il lavoro delle due musiciste, Silvia Maffeis al violino e Yurico Mikami al violoncello), crea una vera e propria partitura nella quale si alternano movimenti e ritmi diversi: il solenne “largo” iniziale dell’attacco del primo canto , che si apre nell’atmosfera sospesa dell’alba, si trasforma in un energico “vivace” con l’invocazione a Apollo, per poi sdoppiarsi in una sorta di “fuga” a canone, dove le due voci di Dante e Beatrice si riflettono, per così dire, l’una nell’altra, rendendo tangibile la metafora del fenomeno luminoso del raggio riflesso. E così via, nei canti successivi, fino ad arrivare alla conclusiva visione di Dio: per l’ultimo canto, il più sublime, Manni sceglie di usare il “pedale” della sordina: la celebre preghiera di San Bernardo alla Vergine è tutta giocata su un effetto di smorzatura, per lasciare spazio alla grandiosità del testo. Negli ultimi versi, infine, la rivelazione più sorprendente: Dante, nel momento culminante della visione, scorge in Dio l’immagine dell’uomo; il prodigioso itinerario è in realtà un viaggio alla scoperta di se stessi.

L’applauso caldo e convinto del pubblico ha salutato la fine dello spettacolo, che l’attore ha voluto dedicare a due suoi grandi maestri: Vittorio Gassman e Piera degli Esposti, il suo Dante e la sua Beatrice, come li ha affettuosamente definiti.

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