Malick e la forza della fede dentro le “vite nascoste”

Il film premiato a Cannes nel 2019 è ora sulle piattaforme web

Di fronte a un film di Terence Malick si ha sempre il timore di usare delle parole in più. Quelle che lui stesso toglie dal suo cinema e che non verrebbe di aggiungere.

Capita anche quando il regista ritrova una vena “narrativa“ (dopo The tree of life e Voyage of time) e con La vita nascosta racconta la storia (vera) di Franz Jägerstätter, contadino austriaco che dal villaggio di Sankt Radegund si oppose al regime nazista, rifiutando l’arruolamento e - soprattutto - l’obbligo di giurare fedeltà al Führer. La storia di un martire, non c’è un’altra maniera per dirlo, raccontata “alla maniera“ di Malick, con la profondità che il suo cinema sa raggiungere.

Arrivano così in soccorso le parole della scrittrice George Eliot che hanno ispirato il titolo del film e che il regista mette sul buio in coda: “la vita nascosta” è quella di Franz, una di quelle che «riposano in tombe dimenticate» che sono state però d’esempio al punto da aver modificato la vita di quelli venuti dopo: «Il bene a venire del mondo dipende in parte da azioni di portata non storica; e se le cose per voi e per me non vanno così male come sarebbe stato possibile lo dobbiamo in parte a tutti quelli che vissero con fede una vita nascosta, e riposano in tombe dimenticate».

Malick appunto non aggiunge molte altre parole a queste, ma con le immagini racconta la parabola di un uomo che non ha voluto derogare ai propri principi, arrivando ad accettare la morte (fu condannato e giustiziato nel 1943 per la sua diserzione). «Crede che la gente saprà quello che sta facendo?» lo incalzano per convincerlo a desistere, ma la risposta per Frank sta nell’esempio, nella sua “vita nascosta“ che non avrà meno valore perché sconosciuta.

Malick rende visibile il tormento, fa toccare il dubbio che attanaglia l’uomo. Il suo film (premiato a Cannes nel 2019) rifiuta l’agiografia e scava nel profondo attraverso un’inquadratura, con la scelta di un movimento di macchina. Restituisce la bellezza o l’orrore, allargando gli spazi con un grandangolo. Inquadrando «la natura che non tiene conto della sofferenza delle persone» e resta immobile, prima in simbiosi e poi in contrasto, mentre Frank gioca con le sue bambine, ascolta il vento tra le foglie, sente arrivare la guerra con il rombo degli aeroplani e infine compie il suo sacrificio. Ogni istante è soppesato, ogni silenzio interroga lo spettatore. L’Eden che si riflette nelle montagne dell’Austria contrasta con l’orrore che si va materializzando, e anche se il rumore delle bombe è lontano non è meno stridente.

In questo silenzio risuonano ancora più forti le domande di Frank e della sua amata moglie Fani (il carteggio epistolare tra loro che fa da base al racconto è meraviglioso ed è pubblicato in Italia dal Pozzo di Giacobbe con il titolo “Una storia d’amore, di fede e di coraggio“), i quesiti morali («Lei sa distinguere il bene dal male? Colui che ha creato il mondo ha creato il male» lo interroga il giudice) e infine la potenza della sua fede. «Meglio scontare un’ingiustizia che commetterla»: Frank va incontro al martirio e il suo esempio è rimasto (è stato beatificato nel 2007 da Benedetto XVI). Come un’eco dirompente in una valle baciata dal Creato. In cui riposa una “vita nascosta“.

La vita nascosta

Regia Terence Malick

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