L’uomo-stoviglia (sporca) e il Dio lavapiatti

Un Dio lavapiatti per ripulire le sozzure dell’uomo-stoviglia. È l’immagine, indubbiamente forte ma per nulla dissacrante (a maggior ragione in questo tempo profetico e coraggioso della Chiesa incarnato da Papa Francesco) scelta da Guido Oldani per imprimere icasticamente in versi la sua immagine del Giubileo della misericordia.

Una scelta che si spiega con una lettura del rapporto fra il divino e l’umano effettuata nel segno del Realismo terminale, la peculiare visione del mondo del poeta melegnanese, secondo il quale gli oggetti materiali, le cose, in questo primo scorcio di terzo millennio hanno ormai preso il sopravvento sull’uomo, sul soggetto, assimilandolo, sino ad annullarlo, tanto da far sì che «nasca un modo radicalmente diverso di interpretare il mondo e di rappresentarlo, anche artisticamente, a partire dalla poesia». Ed è una scelta, per l’appunto, quella di Oldani, che si sostanzia nella poesia (intitolata La misericordia) dedicata dall’autore sudmilanese all’anno speciale nel segno della redenzione dei peccati avviato lo scorso 8 dicembre dal Santo Padre con la cerimonia di apertura della Porta Santa nella basilica romana di San Pietro.

Eccola in tutta la sua forza immaginifica: «Siamo tantissimi, tutti impilati/come stoviglie dentro una cucina/di un ristorante a fine settimana./ognuno è sporco avanzo di qualcosa,/compresi gli ossi e i sughi con il grasso,/sta in questa torre, pende come a pisa/cane e gatto ci trattano con sprezzo./e all’indomani tutto ricomincia/e qualche volta corrono dei ratti/ma c’è dio padre, nostro lavapiatti».

Un componimento breve, come tutti gli ultimi di Oldani, dal ritmo serrato e cadenzato, stilisticamente ricco di rimandi, assonanze e rime interne, e sul piano semantico interamente giocato sulla metafora dell’uomo-stoviglia (in ambito privato - la cucina, ma anche in ambito pubblico - il ristorante) sempre sporco di avanzi, anche dei più miserandi (il grasso degli ossi e dei sughi), sprezzato sin dagli animali (cani, gatti e addirittura ratti), ma non dal Signore, quel «dio padre, nostro lavapiatti», pronto ogni giorno a ricominciare il suo umile lavoro di pulizia per redimerci e salvarci. Il Padre misericordioso dell’omonima parabola evangelica (altrimenti detta del “Figliol prodigo”), il Padre che tutto perdona all’uomo penitente assieme al quale soffre e gioisce attraverso la carne piagata del Cristo con cui si è fatto come lui.

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