L’ultima indagine di un vecchio Sherlock Holmes

Niente pipa («preferisco le sigarette»), niente cappello da caccia e mantellina («mai indossati»), vecchio, con le rughe e una memoria che svanisce. Sherlock Holmes non è mai stato così lontano dal mito costruito dai racconti dell’amico e biografo Watson. Distante e tormentato, proprio perché diverso da quel detective infallibile che forse non è mai esistito. Superati i 90 anni si è ritirato sulla costa inglese, per fuggire dalle ombre del passato, in particolare dal ricordo di quell’ultima indagine mai portata a termine, che fatica persino a ricordare, ma che si è trasformata in un’autentica ossessione.

Tratto dal romanzo A slight trick of the mind di Mitch Cullin, Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto riporta al cinema il personaggio creato dalla penna di sir Arthur Conan Doyle, trasportandolo nel 1947 e, azzerato il mito, trasformando la sua storia in quella di un anziano solo e pieno di rimpianti, arrivato a fare i conti con la morte. Bill Condon (regista di Demoni e dei e del film su Julian Assange Quinto potere) e soprattutto Ian McKellen tentano un’impresa non semplice, rileggendo un classico in una chiave completamente inedita. Peccato per una confezione troppo convenzionale che non è all’altezza delle ambizioni di un film che parla di memoria e rimpianti, di verità e bugie, che azzarda una riflessione sull’eroe, raffigurato come un anziano quasi non autosufficiente, che mette in discussione le convinzioni di una vita. Il personaggio letterario prende quindi una forma nuova, ammantata di malinconia, ma sempre carica di fascino, per merito indiscutibile del suo straordinario interprete, un dolente McKellen che dentro ogni ruga sembra nascondere una storia diversa.

Dal suo autoesilio nel Sussex Sherlock Holmes ricompone i pezzi del puzzle del suo ultimo caso, compiendo per una volta un’indagine su se stesso, un’inchiesta che lo vede a sorpresa nel doppio ruolo del detective e della “preda”. Non ci sono però adrenalina e percorsi logici per arrivare alla soluzione, solo degli scampoli di memoria che riaffiorano e che restituiscono al vecchio detective un briciolo di serenità e la possibilità di fare pace con se stesso. Lontano dall’investigatore delle origini seduto nello studio di Baker Street, distante milioni di chilometri anche dalla muscolosa versione interpretata da Robert Downey, Jr., questo Holmes è intimo e riflessivo ma altrettanto affascinante. Condon lo “utilizza” per parlare d’altro, portandolo di peso fuori dal genere e piazzandolo al centro di una situazione del tutto inedita, per il personaggio e per lo spettatore.

Ciò che resta sono le atmosfere e il collegamento naturale che il pubblico fa davanti allo schermo con i romanzi di Arthur Conan Doyle (il regista anzi gioca con un paio di titoli che cita con abile noncuranza), riletti anche con un pizzico di ironia e con il disincanto con cui il detective guarda al suo stesso mito ridotto a brandelli ma forse finalmente liberato.

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