“Lodi 1959”, un gioiello ritrovato

Il corto diretto da Guido Guerrasio e ritrovato negli archivi del Medialogo di Milano racconta la città che fu

Un ritratto genuino e poetico della Lodi che fu e un delicato omaggio alla Provincia, istituzione dal nobile passato e dal futuro sempre più incerto. La 17esima edizione del Lodi Film Festival si è aperta ieri pomeriggio alla Sala Rivolta con la proiezione di Ragazzi al bivio, cortometraggio di ambientazione lodigiana prodotto nel 1959 dall’allora Provincia di Milano. Si tratta di una «chicca» che Fabio Francione, direttore artistico del Festival, ha recuperato al Medialogo della Provincia di Milano, oggi della Città metropolitana, che dopo la proiezione in anteprima è stato caricato sul canale YouTube del festival https://m.youtube.com/user/lodifilmfest, lo potete vedere qui sotto.

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Nel giro di quindici minuti, Guido Guerrasio, singolare figura di regista, critico e scrittore, nonché dedicatario di questa edizione della rassegna cinematografica, mostra una città, Lodi, che ancora barcollava tra Dopoguerra e ripresa economica e che conservava intatti i suoi connotati «rurali» e strettamente provinciali. Già, perché i soli 30 chilometri di distanza da Milano erano lo spartiacque tra due mondi vicini ma lontanissimi: la metropoli era il luogo che, ieri come oggi, garantiva lavoro a migliaia di pendolari, costretti ogni santo giorno a prendere il treno; Lodi, la piccola città, il «bastardo posto» di gucciniana memoria, rappresentava invece, sempre ieri come oggi, la Itaca da cui fuggire e in cui poi fare ritorno. Il documentario si sviluppa prendendo in esame le vicende di un pugno di giovani, interrogati sul proprio futuro. Storie che si intrecciano alle immagini della città e con i riti e le manifestazioni dell’epoca: su tutte la celebrazione degli 800 anni della fondazione, festeggiata il 3 agosto del 1958. Nelle riprese si vede la processione religiosa alla quale partecipò anche l’allora patriarca di Venezia, Angelo Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII. Sacro e profano si mischiano con le immagini dei balestrieri di Gubbio impegnati in una rappresentazione all’Isola Carolina, o semplicemente con istantanee di normale vita di provincia: gli uomini che chiacchierano in piazza, le panoramiche dei tetti, la quotidianità nelle cascine. A narrare le vicende è la voce avvolgente del grande Arnoldo Foà, cui tocca il compito anche di descrivere minuziosamente l’attività dei Centri professionali per l’avviamento al lavoro, “sponsorizzati” all’epoca dalla Provincia di Milano. Nella sede lodigiana, dove oggi si trova la scuola di corso Archinti, i ragazzi venivano sottoposti ad alcuni test psicologici per capire le loro attitudini e le loro abilità. Il figlio del pasticcere, abile nei puzzle e che odia le torte, trova così lavoro in un’officina di precisione; la ragazza che ama disegnare avrà un futuro da modellista; e il figlio del farmacista scopre di avere un’indole bucolica e diventerà perito agrario. Qualcuno, in sala, si è pure rivisto nelle immagini: è il caso del pittore Luigi Poletti, scopertosi attore-bambino durante le riprese in campagna.

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