Locarno, il festival celebra Lattuada con il suo film lodigiano inedito

“La grande adozione” proiettato lunedì nella retrospettiva che la rassegna svizzera dedica al regista lombardo

Il fiume, l’Ospedale Vecchio, la nebbia, la figura di Palo Gorini. Lodi rivive ammantata da un fascino unico nelle immagini girate da Alberto Lattuada e raccolte nell’inedito “La grande adozione di Lodi”, presentato ieri al festival di Locarno, che al grande regista dedica una retrospettiva completa. Lombardo di Vaprio d’Adda e con l’anima divisa tra Milano e la campagna Lattuada - con il direttore della fotografia Alfio Contini - girò il materiale negli anni Settanta, per un progetto legato alla figura di Paolo Gorino e indipendente rispetto a “Bianco rosso e...”, il film con Sophia Loren e Adriano Celentano che in regista ambientò proprio a Lodi. “La grande adozione di Lodi” si concentra in particolare sugli esterni e gli ambienti dell’Ospedale vecchio, indugiando sulla collezione di preparati goriniani in esso contenuto. L’interesse per la figura di Paolo Gorini è peraltro confermata da immagini romane, che si riferiscono ai documenti relativi all’acquisto della collezione da parte della cittadina lombarda, nonché da un rapido sopralluogo al mausoleo di Giuseppe Mazzini a Staglieno.

Come confermano dalla Cineteca di Milano, che è parte principale in questo progetto di riscoperta che a Locarno trova la sua degna collocazione, è difficile dire cosa abbia spinto Alberto Lattuada ad effettuare queste riprese lodigiane. Di certo l’interesse del regista per la Lombardia minore e la sua attenta conoscenza di certi aspetti anche desueti di quest’ultima, lo portò, nel 1972, ad evocare quegli ambienti in “Bianco, rosso e…”, ma è certo che “La grande adozione” fosse da subito un progetto indipendente rispetto a quel film. Ora il festival di Locarno ha il merito di rimettere Lattuada e il suo film al centro dell’attenzione, facendo riscoprire anche ai lodigiani un pizzico di memoria lontana, ma non dimenticata.n

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